Napoli, infermiera Covid violentata in un parcheggio: “Ho pensato di morire”

Napoli. “L’orrore di essere violentata è stato superato dalla mancanza del respiro. Quell’uomo mi stava addosso e stringeva da dietro il braccio intorno al collo”. Francesca (nome di fantasia), 48 anni, infermiera in servizio al reparto di psichiatria dove si occupano dei “reduci” del Covid, ha vissuto quarantacinque minuti di inferno.

Napoli, infermiera Covid violentata in un parcheggio

La scorsa domenica la 48enne è stata stuprata in un parcheggio della Metropark, al Corso Arnaldo Lucci, a poche centinaia di metri dalla stazione centrale. Una donna che stava passando di lì, e che ha notato quanto stava accadendo, non è intervenuta per sottrarre la 48enne dalle grinfie di quell’uomo. Al quotidiano “La Repubblica” Francesca ha raccontato quei momenti drammatici.

“Domenica, dopo il lavoro, stavo tornando a casa, ad Avellino, e dopo aver preso la metropolitana ero arrivata alla Metropark in anticipo. L’autobus per Avellino, a causa della riduzione delle corse per l’emergenza Covid, sarebbe partito un’ora dopo. Alle due e mezza del pomeriggio non c’era anima viva, così mi sono seduta su una panchina ad aspettare”, spiega la donna. A quel punto un uomo ha scavalcato una recinzione e l’ha raggiunta.

Mi ha afferrato un braccio. Io ho subito pensato a una rapina: così, per salvarmi, gli ho dato la borsa. “Prendi tutto, ci sono i soldi”, ho detto. La risposta mi ha raggelato. Ha detto: “Non voglio i tuoi soldi, quelli ce li ho”. Poi mi ha strattonato e scaraventato per terra. Ho visto il mio cellulare volare via, mi ha strappato il giubbino di dosso. Ho capito che per me era finita”, prosegue nel racconto la 48enne.

“Mi infilava le mani dappertutto e si arrabbiava perché io mi difendevo. Diceva cose assurde, come in una litania: “Ti uccido, ti devo purificare, ti tolgo il fuoco che hai dentro. Devi spogliarti di tutto, vestirti e pettinarti come dico io”. Io sentivo ma non respiravo con quella mano sulla bocca. Ad ogni istante pensavo: tra poco arriva l’autobus, tra poco compare qualcuno”. E qualcuno è comparso: una donna, di circa quarant’anni, che si trovava nei pressi del parcheggio e che ha assistito alla scena. A quel punto Francesca ha iniziato ad urlare disperatamente, a chiederle aiuto, ma la donna, forse presa dal panico, è scappata via. In città non c’era nessuno, la 48enne ha dovuto attendere ancora prima dell’arrivo di qualcuno che la aiutasse.

“Gli ho detto di non farmi male perché ero incinta, gli ho detto che non riuscivo a respirare e che avevo bisogno di acqua. Ma lui continuava a cercare di strapparmi i jeans. La mia schiena era a pezzi, il collo pieno di lividi. Diceva: “Se urli ti uccido” e poi mi levava la mano dalla bocca nel tentativo di girarmi e mettermi con la schiena a terra. Mi sono aggrappata a un cassonetto dei rifiuti per impedirglielo. Fino a quando non è arrivato l’autobus”.

L’aiuto di un autista e l’intervento delle forze dell’ordine

Un autista è sceso subito dal mezzo e ha iniziato ad urlare, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine. Tre militari hanno circondato l’aguzzino e la 48enne è riuscita finalmente a liberarsi. “Poi è arrivata anche la polizia – spiega la donna al quotidiano La Repubblica – quattro volanti per bloccare quell’essere immondo. Non mi hanno lasciato più. Mi hanno portato in ospedale, per reazione mi è salita la febbre, tale è stato lo choc. La polizia ha avvertito mio marito. Hanno visto i filmati, alcuni poliziotti non ce l’hanno fatta a guardare fino alla fine per la rabbia e il disgusto”.

Francesca non è più tornata al lavoro, il dolore che prova è indescrivibile. “Ho dovuto vivere il dolore di mia figlia che si sente ferita come donna e come figlia. E quello di mio marito che si sente in colpa e impotente per non avermi potuto proteggere. Sono traumi che travolgono tutta la famiglia. Ma la cosa che mi fa più male è la paura che ho avuto della morte e che ora mi impedisce di sorridere”, conclude la donna.

Ti potrebbe interessare

Torna in alto