Nuovi possibili risvolti per la pen drive del ‘capo dei capi’ Michele Zagaria, un supporto che avrebbe contenuto i segreti del superboss dei Casalesi ed invece sarebbe sparito dal covo dopo la cattura del latitante in via Mascagni. Ma la vicenda è ancora oscura e gli ultimi dettagli emersi non fanno altro che aumentare le ombre. Secondo le utime dichiarazioni, infatti, le pen drive sarebbero state addirittura due.
A parlare è il pentito Salvatore Orabona di Trentola Ducenta. In una, quella “originale”, – come riporta Il Mattino – c’erano i segreti del boss, le quote societarie che il clan detiene in aziende all’apparenza insospettabili. Nell’altra, sempre secondo il collaboratore di giustizia, c’era del materiale inutile, foto di vacanze, file che a dire del pentito furono caricati su una pen drive a forma di cuore, tempestata di brillantini. Simile, dunque, a quella che secondo gli imprenditori Pezzella, i primi che intercettati parlarono della faccenda, fu rubata da un poliziotto nel covo di Zagaria dopo la fine della latitanza durata 17 anni.
Orabona dice di essere venuto a conoscenza della vicenda nel 2014. “Ne parlavano Antonio Zagaria e Carlo Bianco quando eravamo detenuti nello stesso penitenziario”, dice il pentito. “Antonio Zagaria, fratello di Michele, disse che bisognava mettere in giro una pen drive uguale a quella del boss e che bisognava farla recapitare a Rosaria Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, cosicché lei la facesse ritrovare alla polizia”. La Massa è stata la vivandiera del capoclan Zagaria durante la sua latitanza a Casapesenna.