Sono cominciati ieri gli interrogatori di garanzia per i 23 affiliati al clan De Micco fermati il 28 novembre scorso a Ponticelli. Gli indagati, detenuti nel carcere di Secondigliano, si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere. Tutti tranne Luigi De Liguori, che si è dichiarato estraneo ai fatti. Le accuse nei loro confronti sono molto pesanti, a cominciare dall’omicidio del ras rivale Salvatore Solla, freddato lo scorso dicembre in via Cleopatra, della cui morte devono rispondere il boss Luigi De Micco, ma anche Davide Principe, Antonio De Martino e Alessio Esposito.
Nel corso delle indagini sono state ricostruite varie azioni criminali riconducibili alla strategia del terrore messa in atto dai Bodo – questo il loro soprannome – nel quartiere. A cominciare dai tentativi di eliminare Bruno Mascitelli, capo di un’organizzazione rivale, e Michele Minichini, esponente di spicco del clan che opera nel Lotto “0”.
Oltre alle testimonianze dei collaboratori di giustizia sono state fondamentali le intercettazioni telefoniche per collegare la compagine criminale all’omicidio di Salvatore Solla, ma anche ad altri due precedenti agguati. Tra gli indagati figurano anche Roberto Scala e Moreno Cocozza, fedelissimi dei De Micco.
Giuseppe De Martino, Giuseppe Napolitano, Luigi De Liguori, Michele Gentile e altri ancora si occupavano di controllare il territorio, portando a termine compiti di natura operativa. Gli inquirenti sono riusciti anche ad individuare il sistema di comunicazione attuato dai ras, i quali non comunicavano mai con il telefono ma solo servendosi di sms con schede a tempo. Stratagemma scoperto grazie ad un controllo su strada attraverso cui gli investigatori sono riusciti ad individuare l’utenza in uso ad Antonio De Martino, e di lì, a cascata, tutte le altre.
Il clan aveva inoltre numerosi interessi nel controllo delle piazze di spaccio e del traffico di sostanze stupefacenti. Proprio questi interessi portarono allo scontro armato con i D’Amico, culminato con l’uccisione di Nunzia D’Amico, sorella del boss. Anche l’omicidio di Ciro D’Ambrosio, il contrabbandiere ammazzato in via Palermo, viene attribuito al sodalizio criminale di Ponticelli. La vittima si sarebbe rifiutata di pagare il pizzo.