Pubblicata la relazione annuale della DIA. Queste le parole dedicate all’intera area nord: “Nell’esteso territorio di Giugliano opera incontrastato il clan Mallardo, organizzazione suddivisa in plurime articolazioni, facenti capo al medesimo vertice, che dispone di basi operative e logistiche anche a Napoli, grazie ai rapporti di alleanza con la famiglia Contini. Il sodalizio è alleato con il clan Bidognetti di Caserta ed ha proiezioni anche in altre regioni, in particolare Lazio e Toscana, dove investe i profitti illeciti.
A Marano persiste l’egemonia del clan Polverino, presente anche a Quarto e Villaricca. Le indagini hanno evidenziato la straordinaria vocazione imprenditoriale del sodalizio che si concretizza nel riciclaggio dei proventi illeciti nei settori dell’edilizia residenziale, nonché delle attività commerciali e turistico – alberghiere, a volte con la complicità di pubblici funzionari. Attraverso suoi referenti risulta attivo anche a Qualiano e Pozzuoli e nei quartieri partenopei dei Camaldoli e del Vomero, ed è presente in altre regioni della penisola per attività di riciclaggio.
A Qualiano e Villaricca gli interessi criminali dei gruppi locali riguardano prevalentemente l’acquisizione di appalto pubblici, le estorsioni, il riciclaggio ed il traffico di stupefacenti mediante importazione dall’estero di ingenti quantitativi, d’intesa con diversi altri gruppi criminali”.
C’è poi una sorta di debolezza interna ai clan che è quella del fenomeno della collaborazione con la giustizia. Si legge nel documento: “Tale caratteristica potrebbe essere sfruttata adeguatamente dalle istituzioni anche in chiave mediatica, per dimostrare che coloro i quali, purtroppo, in determinate aree, assurgono ad eroi, sono in effetti caratterizzati da profonde debolezze ed incapaci persino di rispettare i tradizionali negativi valori del malavitoso. Si assiste invece, talvolta, ad una tendenza a magnificare le capacità criminali dei soggetti arrestati col risultato di conferire loro un credito eccessivo fra il pubblico, in quanto sovente si tratta di elementi privi di reali capacità strategiche dei vecchi boss in stato di detenzione, in grado di vivere di mera luce riflessa. Sottolineare, al contrario, le debolezze – anche caratteriali – del camorrista di nuova generazione, potrebbe indurre anche ad una maggiore disponibilità dell’imprenditoria a resistere alle pressioni estorsive, ponendo altresì un freno al malsano spirito di emulazione che agevola il reclutamento di nuove leve”.