Pretendevano più spazio e volevano ottenere una parte del territorio del clan Lo Russo. Un passo falso, che è costata la vita a Biagio Palumbo e Salvatore Mele, vittime dell’agguato a Miano. Un’area bramata da tutti, a cui Palumbo e Mele non hanno desistito.
Dopo il pentimento dei Lo Russo si è tornati a fare ad esplodere colpi con maggior frequenza, sebbene via Janfolla sia abituata alla vita criminale. Molti palazzoni, infatti, sono diventati negli anni dei veri propri bunker occupati da numerosi pregiudicati. Intanto la dinamica dell’agguato porta gli inquirenti a tracciare una pista investigativa del tutto diversa da quella precedente: i killer non hanno seguito Palumbo e Mele ma li hanno presi faccia a faccia. Questo spiegherebbe perché i colpi sono tutti frontali.
Inoltre le due vittime non avevano armi con loro, ciò significa che sono stati attirati con l’inganno. Stando ad una prima ricostruzione, i colpi avrebbero penetrato il lunotto frontale, colpendo così il bersaglio.
Il movente. In un primo momento si è pensato che il duplice omicidio fosse la controrisposta al duplice omicidio del 26 maggio dello scorso anno a Miano, le cui vittime furono Carlo e Carlo Nappello, zio e nipote che si erano ribellati. Si è ipotizzato che dietro all’omicidio ci fosse lo zampino dei Lo Russo, ma non vi è alcuna certezza: all’interno dei Nappello, a causa di una frattura interna, non vi erano più capi. Dunque anche questa ipotesi è stata esclusa.
Intanto la Dia era stata lungimirante: aveva previsto tutto. Nella relazione semestrale del 2017, aveva lanciato un allarme forte e chiaro:”Nella zona di Miano è in atto una lunga lotta per la successione dopo la fine del clan Lo Russo”, tracciando così uno scenario instabile caratterizzato da forti tensioni.