Al Tribunale dei Minori di Napoli è andato in scena l’incidente probatorio sui fatti di via Foria, sull’aggressione ad Arturo, il 17enne napoletano massacrato dal branco senza nessun apparente motivo. Arturo ha riconosciuto, attraverso lo spioncino che separava la stanza dov’era presente l’indagato da quella dove si trovava la vittima, il suo carnefice: “è lui, quello con la fila in mezzo”.
Non dev’essere stato facile per Arturo trovarsi faccia a faccia con chi gli ha cambiato la vita, con chi ha segnato la sua esistenza per sempre. F.P.C., “il nano”, faceva parte del branco che l’ha aggredito a colpi di coltello. Eccoli, l’uno di fronte all’altro, due studenti, estrazioni familiari e culturali differenti. Non ci sono dubbi per la parte offesa.
L’aggressore, un ragazzo di 15 anni, è in cella dal 24 dicembre scorso, per tentato omicidio e tentata rapina del cellulare. Ora rischia di essere processato anche in virtù delle dichiarazioni di Arturo. Secondo la vittima era assieme ad altri due ragazzini della sua età, simili per look e per fattezze fisiche. Come è noto, un riconoscimento era giù avvenuto pochi giorni dopo l’aggressione. Tra le tante foto che gli inquirenti gli mostrarono, Arturo non ebbe alcun dubbio.
F.P.C. ha sempre respinto, tramite il suo legale, le accuse, sostenendo che quel lunedì poco prima di Natale era stato in casa per poi andare in palestra. Il suo difensore ieri mattina ha provato anche a ribattere su qualche punto, cercando di capire se le dichiarazioni di Arturo potessero essere frutto di qualche condizionamento o suggestione. Ma la vittima di quella spietata aggressione sembra davvero non avere alcun dubbio, e di sicuro non ha alcuna intenzione di sottrarsi al suo ruolo di testimone chiave.