Messico, svolta nelle indagini dei napoletani spariti: sotto inchiesta polizia locale

Svolta nella sparizione dei napoletani. Tutti i 33 poliziotti della stazione locale di Tecalitlan verranno condotti a Guadalajara, capitale dello Stato di Jalisco, per essere interrogati dalla magistratura sul caso più controverso degli ultimi decenni nei rapporti tra Italia e Messico. Ad annunciarlo in una conferenza stampa il procuratore Raul Sanchez, così come riportano i media messicani.

Le autorità pubbliche dunque sospetterebbero il coinvolgimento delle forze dell’ordine nella sparizione di Raffaele Russo, 60 anni, di suo figlio Antonio, 25, e del nipote Vincenzo Cimmino, 29, tutti residenti nella zona di piazza Mercato a Napoli. Il sindaco di Tecalitlan, Victor Diaz Contreras, mostra la sua massima disponibilità a collaborare con la Farnesina e con le autorità dello stato di Jalisco per il ritrovamento dei tre italiani: “Siamo preoccupati per come ci vedono in Italia. Quella di Tecalitlan è gente brava e onesta. Sto facendo effettuare verifiche su tutte le telefonate in entrata e in uscita al corpo della Polizia Municipale”.

E infatti c’è un buco proprio nella versione fornita dagli agenti delle forze dell’ordine di Tecalitlan. Non è chiaro come sia possibile che una voce di donna degli agenti in servizio prima confermi ai familiari degli scomparsi di avere due italiani in caserma e poi sempre una voce femminile neghi la circostanza. Antonio Russo e Vincenzo Cimmino compaiono nelle dichiarazioni dei poliziotti per poi sparire di nuovo come due fantasmi. Perché? Cosa viene nascosto?

Tutto comincia il 31 gennaio scorso. Raffaele Russo scende dall’Hotel Fuerte Real dove alloggia insieme ai familiari, sale a bordo della sua Honda bianca presa a noleggio e comincia il suo giro di venditore ambulante tra le frazioni e i villaggi della zona. Il GPS, però, installato sull’auto, rivela uno spostamento insolito: la sua vettura punta verso Sud, verso Tecalitlan, poi il segnale indica che la macchina prosegue verso un piccolo centro sperduto, Jjotlan de los Dolores, in una zona montuosa intervallata da foreste. Perché Raffaele dovrebbe aver percorso 64 chilometri da Tecalitlan a Jjotlan in mezzo al nulla? In una zona senza centri abitati e villaggi?

Nessuno sa niente. I familiari, non vedendolo rientrare, si allarmano, provano a telefonarlo. Ma al telefono non risponde. A quel punto i due giovani, Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, decidono di mettersi sulle sue tracce e battono per chilometri e chilometri l’intera zona intorno a Tecalitlan. Anche loro poi vengono inghiottiti in un buco nero. I due riescono solo a inviare alcuni messaggi WhatsApp ai familiari in cui affermano di essere stati intercettati da alcune pattuglie della polizia locale mentre facevano rifornimento di benzina.

Ad accrescere gli interrogativi un dato inquietante: alcune indagini federali individuano a Jjotlan un nuovo centro di raffinazione degli stupefacenti, luogo e crocevia di interessi illegali di uno dei cartelli criminali nascenti più potenti del Messico: il “Cartel Jalisco Nueva Generation“. Eppure Raffaele con la droga non ci ha mai avuto a che fare. L’unica ipotesi plausibile, al momento, è che il sistema satellitare di Raffaele fosse intercettato, per ragioni ancora da chiarire, da alcuni componenti dell’Esercito o membri della Polizia corrotti o vicini alla criminalità. Sarebbe stato poi seguito e bloccato. Stessa sorte sarebbe capitata ai due giovani messisi sulle tracce del 60enne. Una trappola, insomma. Al momento senza spiegazioni.

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