Giugliano, morto dopo la corsa. La lettera della figlia: “Non è cambiato niente. Ti aspetto ancora”

E’ ancora tanto il dolore per la scomparsa di Antonio Tancredi, il 49enne di Giugliano deceduto per un malore domenica scorsa dopo essere tornato da una corsetta mattutina. A scrivere un lungo e commovente post su Facebook la figlia, Alessia, che ha voluto ricordare il papà con queste parole.

Ho scritto e cancellato queste parole più volte perché, in verità, non esistono parole che possano descrivere quello che sento.
Allora.. provo, invece, a raccontare di te. E, mentre scrivo, le lacrime continuano a rigare il mio viso. Sin da quando ero bambina hai riposto in me grandi speranze.

Ricordo ancora quando, alle elementari, una sola ed unica volta mi capitò di avere un richiamo e ti arrabbiasti dicendomi che era una cosa che non avrebbe dovuto più ripetersi. Ed invece.. è ricapitata a distanza di anni quando, ormai, ero una liceale ed ebbi uno scontro con una prof.
Di solito, i genitori di oggi sono sempre contro i docenti quando richiamano, giustamente o ingiustamente, il proprio figlio.. Ma tu no.
Non ti interessasti alle ragioni; non volesti sapere se quel richiamo era giusto o no.. Ed io ti guardavo e non capivo. Mi ripetevo: non gli interesso? Poi tu, dopo alcuni giorni, prendendomi da scuola, mi guardasti e mi dicesti: “Io so che tu sei una ragazza intelligente, brillante. So che da te posso aspettarmi grandi cose. So che tu puoi essere perfetta. Ed io non voglio che qualcuno, neanche per un solo istante, non creda in quello che credo io.”

Da allora, sono parole che ho sempre tenuto con me.. alle quali, purtroppo, non diedi il giusto peso. Qualcuno dirà: è l’età. C’è un’età per tutto: una per essere impulsivi ed un’altra per essere riflessivi. Tu non distinguevi. Avresti voluto in me una riflessione sempre vivida crescendo come sei cresciuto tu. Ed io.. continuavo a non capire. Nonostante ti accorgessi che io non rendevo quanto avrei dovuto, quanto avresti voluto.. Mi hai presa con te, mi hai affidato il tuo lavoro mantenendo sempre la stessa speranza. Speranza che io ho deluso tante volte e forse, a poco a poco, spenta.
“A casa siamo padre e figlia e ti darò la libertà che tua madre, per carattere protettivo e apprensivo, non vuole darti. Te la darò perché devi formarti, capire e crescere. A lavoro, siamo due estranei. Quando riguarda il lavoro non ci sono giustificazioni che tengono. Ricorda che è tuo. Un giorno sarai tu la Tancredi service.”

Discorso portato avanti per 5 anni..Parole che iniziavano a pesare. Mai un: ottimo lavoro. Guardavi sempre una pecca, anche se minima e sorvolabile. “Papà, non chiudi mai un occhio.” Ti dicevo. E ora che hai chiuso entrambi, vorrei che li aprissi.. che tornassi a varcare quella porta mentre io, seduta sul divano, ti aspetto con il mio solito timore pensando “ora mi fa uno dei suoi soliti richiami.” Non facevi altro che ripetermi: devi crescere. Ed io ero restia a farlo. Ora mi hai costretta.. quando invece, io, vorrei essere ancora quella bambina che tu viziavi. Non mi hai dato il tempo di dimostrarti che avrei potuto farcela, che avresti potuto essere orgoglioso di me quando, ormai, vecchio e stanco, sarai venuta alla poltrona di casa tua dicendoti: “la giornata è andata bene. Il lavoro va alla grande. Il progetto che tu hai iniziato, continua.”

E tu, sereno, mi avresti fatto un sorriso e detto: “Si? Guarda, qua avresti potuto fare di meglio.” Fra noi non esistevano abbracci frequenti o parole dolci; ma pacche dietro al collo, sulla spalla e ci prendevamo in giro. Era il tuo modo di dimostrare affetto. E, stupidamente, ora che ci penso.. mi accorgo che non c’è neanche una minima cosa in cui non ti somiglio. Siamo uguali. Siamo sempre stati uguali: sempre allegri, forti e testardi. Forse per questo ci scontravamo il più delle volte. Quanti sensi di colpa mi porto dentro.. pensando che avrei potuto fare di più ed essere come volevi che fossi. So che non leggerai mai queste parole.. ma scrivere di te e far sapere alle persone quello che eri mi da un senso di forza perché, magari, sono parole che aiuteranno quando qualcuno vorrà sapere di te e ti ritroverà in questa descrizione. Magari sarò proprio io ad avere bisogno di te nei momenti più bui e, rileggendo, ti sentirò. Ormai devo accontentarmi di questo. Mi dispiace di non averti mai capito. Di non aver mai capito i tuoi silenzi. Tu non dicevi mai come si viveva.. vivevi e basta e, con te, facevi vivere noi. Sono “poco social”. Questo gesto e stato fatto con la speranza che.. chi ti abbia conosciuto almeno un po’ come ti conosco io, possa pensare al tuo sorriso e ritrovare la forza.

Non ho bisogno di aggiungere altro. Chi ti ha conosciuto, è consapevole della persona che eri. Per me e te.. non è cambiato niente. Ti aspetto di notte, mentre vieni e mi dici “oggi non hai fatto questo. Domani sarà la prima cosa che dovrai fare.” Perché quello che eravamo l’uno per l’altra lo siamo ancora. Ti voglio bene. Te l’ho detto poche volte. Ho cercato di dimostrartelo non abbandonandoti mai, nonostante il mio carattere. Sarai sempre dentro me.La tua Piiii. ❤

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