Un incontro tra boss ed affiliati in una villa di Mugnano. Champagne, pasticcini e chiacchiere sugli affari, piazze di spaccio e costi della droga. Poi, il triplice omicidio. E’ giunto ad una svolta grazie alla confessione di killer e mandanti il delitto avvenuto nel 2009 di Francesco Russo, detto Doberman, il figlio Ciro ed il loro autista Vincenzo Moscatelli.
Un caso, fino ad oggi, di cosiddetta lupara bianca. Dopo aver mangiato e bevuto, i tre furono abbattuti a colpi di pistola. Dettagli agghiaccianti quelli che emergono dal racconto. Sangue ovunque, tanto che venne ferito anche uno degli assassini, in quel fuoco incrociato nel chiuso di una stanza, roba che fece arrabbiare il capo della rappresaglia.
Ricorda oggi un pentito, che fu Cesare Pagano a dare una raccomandazione ai suoi: “Mi raccomando – disse – non sparate tutti assieme, altrimenti qua finisce male…”. Poi i cui corpi furono seppelliti in una fossa comune nei pressi un cimitero alle porte di Mugnano.
L’ordinanza della DDa di Napoli, eseguita dai carabinieri del comando provinciale, ha colpito 8 persone: due boss scissionisti Carmine Amato (37 anni) e Cesare Pagano (48 anni), ma anche per Lucio Carriola (43 anni), Mario Riccio (26 anni), Oscar Pecorelli (39 anni), Oreste Sparano (32 anni); finito in cella anche Francesco Biancolella, un 66enne di Mugnano, unico libero, indicato come l’uomo che avrebbe dovuto recuperare un bobcat utile per schiacciare sotto terra i tre cadaveri nudi e impacchettati nel cellophane. Dietro il delitto, ci sarebbe stato un patto tra Lo Russo ed Amato-Pagano.
Ricostruito anche il presunto movente: Francesco Russo voleva mettersi in proprio, cercò un contatto con Cesare Pagano, che riferì tutto al suo principale alleato Salvatore Lo Russo, che gli fece il favore di gestire ed eliminare il nemico interno. E’ un altro racconto dell’orrore, dunque, quello che emerge da uno dei diversi terribili delitti nelle faide per la droga nell’area nord di Napoli.