L’eremo semi-rupestre di Pietraspaccata, il più suggestivo dei luoghi sacri presenti sul territorio, sta cadendo a pezzi. E con sé la chiesa paleocristiana che si affaccia sul canale che da Marano si immette verso il cratere di Quarto. Un’autentica oasi naturalistica, dove si incontrano storia, spiritualità e la bellezza di un paesaggio che rimanda alla tradizione agricola delle due città. La chiesetta di Pietraspaccata, che secondo alcuni storici apparterrebbe alla diocesi di Pozzuoli, è una ferita aperta per tutti gli appassionati di cultura e tradizioni locali. Splendida poiché scavata nella roccia tufacea, ma soprattutto ricca di testimonianze archeologiche ed architettoniche. Nei dintorni della struttura, che dal 1600 accolse alcuni frati eremiti, si scorgono infatti resti romani di opus reticulatum e latericium. Al centro invece è ben visibile una lunga fenditura verticale dalla quale – secondo i geologi – fuoriuscivano vapori che consentivano ai padroni della villa romana di utilizzare la grotta come sauna.
Cenni storici. Dell’eremo di Pietraspaccata se ne sono occupati il professor Carlo Palermo, fondatore dell'”Archeoclub Marhaeis”, monsignor Salvatore Sorrentino, vescovo di Pozzuoli dal 1974 al 1993, e, più di recente, gli studiosi e appassionati di tradizioni locali Enzo Savanelli, Angelo Marra e Francesco Taglialatela. Più volte, nel corso degli anni, monsignor Sorrentino si è recato nell’eremo per benedire la statua in stufo raffigurante la Madonna col bambino, poi trafugata da ignoti. La cappella, anticamente detta del Santissimo Salvatore e poi ribattezzata Santa Maria di Pietraspaccata, pare appartenga alla diocesi di Pozzuoli (l’atto di proprietà, in realtà, non è mai stato ritrovato), pur ricadendo nel territorio di Marano. La notizia più antica circa l’origine dell’eremo risale al 1692. Oggi Pietraspaccata, che necessita di interventi urgenti di messa in sicurezza, è ancora meta di pellegrinaggio da parte dei residenti del luogo, che conservano vivo e forte il senso di venerazione per la Madonna.
Messa in sicurezza urgente. Dalle devastazioni e dai furti, che col passare degli anni si sono susseguiti, si è salvata soltanto un’acquasantiera in marmo. Particolarmente interessante, tuttavia, è il pavimento della chiesa (un assortimento di maioliche risalenti alla fine del Settecento e all’inizio dell’Ottocento) e l’ala riservata al romitorio e alla cucina. In alto, poi, ancora miracolosamente in bilico, si erge il campanile a “vela” dell’eremo, ormai privo della sua campana. Un gioiello da conoscere e salvare, per la cui la tutela sono stati allertati il Comune di Marano, la diocesi di Pozzuoli e il Fai (Fondo ambientale italiano), un’associazione nazionale senza scopo di lucro nata nel 1975, con l’obiettivo di salvaguardare il patrimonio artistico e naturalistico italiano. Finora, però, poco o nulla è stato fatto. E intanto il rischio crollo continua ad aleggiare minaccioso.