Milano. Voleva a tutti costi che il primogenito fosse un maschietto e invece il destino gli ha portato una bambina. E così un 30enne afgano, residente a Milano, ha preso a botte sua figlia, di poco più di un anno, e preso a cinghiate la moglie. La violenza è poi culminata con lo stupro ai danni della donna.
Per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale l’uomo è stato condannato dal gup di Milano Guido Salvini a 3 anni e 8 mesi di carcere in abbreviato. La donna e la figlia ora sono in una comunità.
L’imputato è stato arrestato a fine agosto scorso e difeso dal legale Maria Pia Licata. Dall’imputazione si legge che dallo scorso 5 marzo e “in più occasioni, adoperava violenza sulla figlia minore prendendola a schiaffi in quanto di sesso femminile e non maschile, come il padre avrebbe voluto”.
Più volte, inoltre, avrebbe minacciato la moglie dicendole “se chiami la polizia ti uccido”, “ti butto giù dal balcone” e “anche in presenza della figlia minore, la percuoteva con calci e pugni, con il cavo del carica batteria e con una cinghia di una borsetta, e più volte le imponeva di non alzare lo sguardo da terra”.
La moglie, inoltre, sarebbe stata anche raggiunta da un fendente alla gamba destra durante una lite, “dicendole che gli ‘andava di farlo’ e in un’altra occasione le provocava delle ecchimosi colpendola con il caricabatterie del cellulare e con il laccio di pelle di una borsa”. È stato condannato anche per sequestro di persona perché chiuse a chiave la moglie “dentro l’abitazione, impedendole di uscire” in più occasioni, tra marzo e fine giugno scorso. Infine, anche le violenze sessuali contestate perché «in tre occasioni» la costrinse a subire abusi. Il giudice ha condannato oggi l’afgano per tutti i reati a 3 anni e 8 mesi di carcere in abbreviato, ossia con lo sconto di un terzo previsto dal rito sulla pena. E anche al risarcimento danni alla moglie, parte civile anche per la figlia.