Pompei. Sotto chiave due società commerciali, che gestivano un bar, intestato a un prestanome ma di proprietà di Cesarano Giovanni, pluripregiudicato appartenente al clan di “Ponte Persica”.
Nel quadro della sistematica e costante attività di prevenzione generale e controllo economico del territorio con peculiare attenzione al contrasto del reinvestimento dei capitali illeciti della criminalità organizzata, i finanzieri del comando provinciale di napoli hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro ai sensi del “codice antimafia” emesso dal tribunale di Napoli – sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione – su proposta della procura distrettuale antimafia nei confronti di due società commerciali ubicate nel comune di Pompei (na) dal valore complessivo di 120.000 euro.
In particolare, i militari della compagnia di Castellammare di Stabia hanno posto sotto sequestro 2 attività commerciali che, susseguendosi tra loro, gestivano un bar, intestato formalmente a prestanome ma effettivamente di proprietà di Cesarano Giovanni, pluripregiudicato appartenente al clan di “Ponte Persica”.
Dalle indagini esperite dalle fiamme gialle stabiesi, infatti, è emerso che la succitata attività commerciale, ubicata nel centro di Pompei a pochi passi dal santuario Mariano, è stata acquisita con proventi illeciti e che la stessa veniva utilizzata come “base operativa e logistica” del clan “Cesarano” non solo per i summit tra sodali, ma anche per la riscossione delle rate periodiche erogate dai commercianti della zona, vittime di estorsione.
Gli ulteriori accertamenti dei militari della guardia di finanza di Castellammare di Stabia, disposti dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del tribunale di Napoli, consentivano di argomentare che il citato pluripregiudicato, nella consapevolezza di poter subire aggressioni patrimoniali, si era spogliato della titolarità dell’esercizio commerciale intestandolo a prestanomi, rappresentanti legali delle 2 società sottoposte a sequestro, al fine di eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale. Nello specifico, il contratto di cessione del ramo di azienda tra le due società era stato saldato mediante un assegno bancario, mai stato posto all’incasso da parte della società cedente.