Rozzano, l’omicidio di Crisanti deciso dal clan: l’uomo “vittima” di una trappola

Rozzano. Un delitto studiato nei minimi dettagli e deciso all’interno del clan (in foto il boss Ciro Spavone, fratello dell’omicida), originario di Napoli, ma stabilitosi a Rozzano, per lavare l’onta che pesava sulla famiglia. E’ la pista battuta dagli inquirenti in queste ore, che procedono no stop sulla ricostruzione dell‘omicidio di Antonio Crisanti, il 63enne accusato di aver abusato della nipotina e ucciso dall’ex genero, Emanuele Spavone. 

Un’indagine – come riporta Repubblica.it – che si allargherebbe anche ai tre figli dell’uomo: due donne (una delle quali madre della bambina) e un uomo. Potrebbero avere anche loro un ruolo nell’agguato compiuto lunedì sera davanti a un centro commerciale, dove la vittima è stata uccisa a colpi di pistola.

L’omicidio si sarebbe, infatti, consumato meno di due ore dopo che in tribunale la bambina era stata sentita dal gip, in un incidente probatorio alla presenza dei pm e dei legali, per cristallizzare le sue dichiarazioni, già rese in un’audizione protetta, in vista di un processo a carico del nonno presunto pedofilo.

La trappola. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che i tre fratelli, insieme al padre della bambina, avessero invitato con una scusa il padre a tornare a Milano – era andato via qualche mese fa quando erano emersi i presunti abusi sulla bambina – con l’obiettivo di farsi giustizia privata.

L’omicidio potrebbe esser maturato all’interno di ambienti non troppo lontani dalla mentalità della criminalità organizzata: la seconda figlia dell’uomo, zia della bambina abusata, era stata infatti compagna di un trafficante di droga con numerosi precedenti, fratello dello stesso killer di Rozzano, a sua volta pregiudicato. L’ex genero della vittima e il suo complice, che guidava lo scooter  – ma che sostiene di essere estraneo ai fatti, di non aver mai saputo le intenzioni omicide del suo amico –  sono adesso a San Vittore, dopo essersi costituiti ieri mattina.

 

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