Una delle domande più frequenti è quanto sopravvive il coronavirus sulle superfici e oggetti in genere. Il virologo Roberto Burioni ha illustrato su Medical Facts uno studio interessante condotto negli Stati Uniti sulla capacità del virus di resistere su diverse tipologie di superfici.
Coronavirus, quanto resiste sulle superfici?
“Molto utile a tal proposito è una recentissima comunicazione presentata da colleghi statunitensi che hanno valutato non solo la capacità del virus di permanere nel tempo su varie tipologie di superfici ma, cosa ancora più importante, ne hanno valutato la conseguente capacità di infettare”, spiega Burioni.
“Questo è molto importante, in quanto confermerebbe come un modo importante di trasmissione del virus sia quello “indiretto” attraverso le nostre mani. Tocchiamo superfici contaminate e, inavvertitamente, ci infettiamo portando le mani alla bocca, nel naso o negli occhi”, scrive il virologo sul suo Blog.
L’esperimento
“I colleghi hanno messo una quantità nota di virus (sapete bene che questo è possibile grazie al suo isolamento in laboratorio, di cui abbiamo più volte parlato) su diverse tipologie di superfici. In particolare ne hanno analizzato quattro: rame, cartone, acciaio inossidabile e plastica. Sono andati – prosegue Roberto Burioni – a verificare come la capacità infettante del virus cambiasse col passare delle ore. Tutto condotto a temperatura ambiente (21-23°C con umidità relativa del 40%), condizioni che potremmo tranquillamente paragona tre a quella delle nostre case”.
I risultati ottenuti
Lo studio ha dimostrato che “i materiali più “inospitali” per il virus sono risultati essere il rame e il cartone con un dimezzamento della capacità infettiva in meno di due ore per il primo materiale e entro 5 ore abbondanti nel caso del secondo. Un abbattimento completo dell’infettività è stato osservato rispettivamente dopo le 4 ore per il rame e le 24 ore per il cartone”, scrive il professor Burioni.
Più lunga, invece, la persistenza sulle altre due superfici. “Sull’acciaio inossidabile la carica infettante risultava dimezzata solo dopo circa 6 ore, mentre ne erano necessarie circa 7 per dimezzarla sulla plastica. Questo dato – continua il virologo – si associava a un tempo decisamente più lungo, rispetto ai primi due materiali, per osservare un completo azzeramento dell’infettività: circa 48 ore per l’acciaio e 72 per la plastica. Il rischio, quindi, diminuisce notevolmente al passare delle ore ma non si annulla se non dopo qualche giorno”.
Lo studio, tuttavia, è supportato da dati preliminari che necessitano di essere confermati con altri esperimenti. In attesa di ulteriori verifiche e sperimentazioni, suggerisce Burioni di continuare “con il solito mantra: isolamento sociale (nostro), massima igiene delle mani e delle superfici (ricordiamo che il virus è completamente inattivato da acqua e sapone e da altri detergenti) e evitiamo di toccarci (e farci toccare) il viso. Avremo modo di rifarci quando tutto questo sarà finito”.