Risponde a tutte le accuse che gli sono state rivolte in queste settimana anche dall’establishement scientifico. Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, interviene di nuovo a Tele Club Italia nell’ambito della trasmissione Tg Club – speciale coronavirus.
Tarro risponde alle accuse: “Io parlo perché ho studiato dai libri e ho avuto tante esperienze”
“Vorrei sottolineare il fatto che io sempre studiato dai libri e non da un unico libro – spiega Tarro, oggetto di attacchi da più fronti da parte del mondo scientifico e dai media – e ho cercato di essere sempre all’altezza della situazione. Ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, come Flaviano Magrassi, e Albert Sabin. Ho avuto possibilità di apprendere tante cose dall’esperienza diretta. Sono stato primario dell’ospedale Cotugno. Ho seguito il colera, il male oscuro, l’Aids, la salmonellosi e le influenze come l’avaria e la suina. Ho cercato così di inquadrare subito questa nuova pandemia con il bagaglio di conoscenze accumulate”.
Poi una stoccata indiretta al virologo Roberto Burioni, spesso ospite di trasmissioni nazionali. “C’è stato un attacco perché sostenevo delle cose più logiche e legate all’esperienza sul campo. Non ho detto le stupidaggini che hanno detto altri, come quella detta il 2 febbraio scorso, secondo la quale non ci sarebbe stato nessun caso di Covid-19 in Italia”.
Seconda ondata e il ruolo del caldo
Tarro smentisce anche la possibilità di nuove ondate in autunno: “Questa epidemia è già conclusa in Cina. E c’è chi l’ha affrontata con una politica sanitaria più aperta, come la Corea, senza chiudere tutto. Il virus si diffonde in spazi chiusi con scarsa ventilazione. Uscire di casa può essere utile. La luce e l’aria fanno bene. Il sole distrugge l’agente patogeno, questo ormai è un dato acquisito. Non c’è alcun elemento che ci porti a pensare a un ritorno dell’epidemia a ottobre. Per quel periodo la popolazione avrà sviluppato gli anticopri. A giugno probabilmente sarà finita”.
Anticorpi e vaccino
L’ex primario del Cotugno ribadisce ancora una volta che l’utilizzo di sieri è preferibile al vaccino. Sia perché “ci vogliono 18 mesi per preparare un vaccino sicuro e testato”, sia perché “abbiamo degli anticorpi naturali già sviluppati dai soggetti guariti che possono essere somministrati ai pazienti in condizioni critiche, come hanno fatto i colleghi cinesi”. “Sappiamo anche la quantità necessaria di siero che occorre per neutralizzare il virus – aggiunge Tarro -. A Mantova già lo fanno”.
Anzi, secondo il professore partenopeo la presenza di vaccini antinfluenzali nell’organismo potrebbe favorire la diffusione del virus. “Ci sono due punti da rilevare. Anzitutto uno studio condotto sull’Esercito Americano, secondo cui nel 67 % dei soggetti vaccinati il coronavirus si presenta in maniera maggiore. Poi va aggiunto che in Isreale stanno combattendo l’epidemia isolando tre categorie di pazienti: anziani, persone con patologie pregresse e quelli con vaccinazione più recente”.
Malattia di Kawasaki
Tarro infine esperime anche il suo parere sul presunto collegamento tra Covid-19 e incremento dei casi di malattia di Kawasaki riscontrato in alcuni bambini a Bergamo e a Parigi. “Per ora è un’ipotesi azzardata – ha dichiarato -. Bisogna approfondire il tema senza però aumentare la sindrome di panico. E’ risaputo tra l’altro che lo stress psicologico deprime lo stato immunitario e ci espone a maggiori rischi”.