Mugnano, attirati a una festa con champagne e poi trucidati: Dobermann vittima di un patto tra i clan

Attirati in una trappola e uccisi per un’epurazione interna. I resti seppelliti di Francesco Russo (alias dobermann), il figlio Ciro e un loro guardaspalle, Vincenzo Moscatelli, in un terreno a Mugnano, sulla circumvallazione esterna.

Mugnano, attirati in una trappola e uccisi per un patto tra gli Amato-Pagano e i Capitoni di Miano

Alla base del triplice omicidio, avvenuto nel maggio del 2009, un patto tra gli Scissionisti e i Lo Russo di Miano. Dobermann era un boss emergente nell’area nord di Napoli: aveva chiesto agli Scissionisti un accordo per vendere stock di cocaina nella sua zona. Il capo degli Amato-Pagano, però, Carmine (nella foto), avvisò i Lo Russo della proposta. Da lì la decisione di ucciderli.

La strage di camorra avvenne in un appartamento dell’area nord, dove vennero offerti champagne e pasticcini a Francesco Russo, al figlio e al loro complice. Poi all’improvviso, l’inferno. Il sangue schizzò ovunque, spararono in tanti. È stato ancora un pentito a ricordare un retroscena: «Cesare Pagano, prima che quei tre arrivassero da noi, ci avvertì che non dovevamo sparare tutti quanti assieme. Invece, quando il primo iniziò a sparare, anche gli altri si diedero da fare, tanto che venne ferito anche uno dei nostri, raggiunto a un piede da un proiettile di rimbalzo (fu poi costretto a raccontare in ospedale di aver subìto una rapina)».

Dopo undici anni da quella mattanza, sono rispuntati i resti dei corpi delle tre vittime di camorra. Le ossa sono saltate fuori sotto gli occhi increduli dei parenti, straziati dal dolore. La scomparsa di Francesco Russo, del figlio e dell’altro affiliato fu archiviata all’epoca come un caso di lupara bianca. I cadaveri furono sepolti sotto un terreno con l’aiuto di un bobcat. Decisivo ai fini del riconoscimento dei cadaveri anche un braccialetto che una delle vittime portava con sé al momento della scomparsa. Il ritrovamento è stato effettuato grazie all’avvocato Luigi Senese, che ha svolto indagini difensive per conto del boss Carmine Amato (che ha confessato il suo ruolo) e di Francesco Biancolella (che invece si protesta innocente).

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