Blitz contro la camorra del vesuviano. Sgominati due clan in guerra tra di loro. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa dall’ufficio G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia- nei confronti di 26 soggetti. Sono ravemente indiziati, a vario titolo, di aver fatto parte di due distinte organizzazioni criminali capeggiate da Antonio Giugliano e Rosario Giugliano, entrambi operanti tra Poggiomarino e altri paesi dell’area vesuviana.
La guerra tra i vecchi e i nuovi clan
Al clan storicamente già riconosciuto su quel territorio, riconducibile a Antonio Giugliano ‘o’Savariello’, luogotenente del clan Fabrocino detenuto presso il Carcere di Nuoro, si è affiancata e contrapposta una nuova entità criminale. Il clan è sorto a seguito della scarcerazione del pregiudicato Rosario Giugliano, o’minorenne, solo omonimo di Antonio Giugliano. Storico sicario del clan Galasso, Rosario Giugliano rientrava sul territorio di Poggiomarino a partire dal 2016 fruendo dapprima di alcuni permessi premio e poi ottenendo la liberazione al termine di una lunga pena detentiva.
L’obiettivo di Rosario era di ricercare occasioni e spazi criminali per affermare l’autonomia di un clan autoctono, proprio nella consapevolezza che il clan dominante su Poggiomarino era capeggiato da Antonio Giugliano proveniente da Palma Campania ed imposto sul territorio dal ras Mario Fabbrocino. Desideroso di appoggi criminali, Rosario Giugliano ha intrapreso alleanze con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani. Poi, in virtù dell’ascendenza con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il clan di Antonio Giugliano, retto dal figlio Giuseppe Giuliano Giugliano.
Ras e luogotenenti del clan Giugliano
Il clan costituito da Rosario, che per lungo tempo ne ha coordinato le attività dal carcere attraverso la compagna Teresa Caputo, portaordini del ras verso i promotori liberi, era composto dallo stesso Rosario, nel ruolo di vertice e promotore, unitamente ai suoi più diretti fiduciari Alfonso Manzella, Cristian Sorrento, promotori ed organizzatori dell’associazione, e sovrintendenti alle attività illecite nel campo delle estorsioni e del commercio di stupefacente.
In posizione subalterna, Antonio Iervolino e Salvatore Iervolino, curavano il raccordo tra i vertici del gruppo e le altre componenti del clan dedite al controllo del territorio ed al commercio dello stupefacente, tra cui è opportuno menzionare Giovanni Orefice, Giuseppe Nappo, Domenico Gianluca Marano, costituenti, tra l’altro, il braccio armato del clan, deputato a commettere azioni di fuoco ed atti intimidatori.
Droga dalla Calabria
Dalle indagini è emersa una fitta rete di spaccio di cocaina e marijuana, approvvigionata rispettivamente da esponenti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio (Giovanni Urio e suo figlio Pasquale) e dalla famiglia Batti. Le cessioni di narcotico avvenivano mediante una fitta rete di pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento ed attraverso persone insospettabili (Giuseppe Mingo, guardia giurata, Giuseppe Del Regno titolare di pizzeria, Antonietta Cioffoletti addetta presso un’impresa di pulizie).
L’indagine ha consentito di riscontrare il traffico di stupefacenti attraverso il sequestro di ingenti quantitativi di marijuana e di hashish, con la partecipazione anche di alcune donne e minorenni in qualità di custodi dello stupefacente da smerciare. Nella parte conclusiva dell’attività d’indagine era peraltro emerso che Rosario Giugliano, sottoposto alla sorveglianza speciale di P.S., aveva spostato l’asse dei traffici illeciti a Pagani, avvalendosi della complicità del figliastro Alfonso Manzella, cantante neo melodico, che attraverso le proprie canzoni reclutava sodali e lanciava invettive verso Forze dell’Ordine e Magistratura.
Il clan capeggiato da Giuseppe Giuliano Giugliano è risultato operativo soprattutto nel campo dell’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ed è risultato in contatto con la n’drina calabrese dei Pesce-Bellocco della Piana di Gioia Tauro. Da qui si riforniva di marijuana attraverso Giosafatte Giuseppe Elia. Il narcotico veniva poi trasportato e custodito da incensurati insospettabili quali De Michele Francesco e Adriano De Filippo, i quali utilizzavano anche furgoni di copertura per la distribuzione del caffè quali vettori per movimentare lo stupefacente. Altro settore nel quale è risultato ben inserito il clan Giugliano è il riciclaggio di denaro sporco all’interno di numerose aziende ubicate anche al dì fuori dei confini regionali.
Sequestro per 26 milioni di euro
Le indagini patrimoniali, estese ai nuclei familiari degli indagati GIUGLIANO Rosario, VIESTI Domenico, CAPUTO Teresa, VORRARO Francesco, OREFICE Giovanni, IERVOLINO Antonio, IERVOLINO Salvatore Tommaso, MANZELLA Alfonso, MINGO Giuseppe, DE MICHELE Francesco, NAPPO Mario, GIUGLIANO Giuseppe Giuliano, De Filippo Adriano, SORRENTINO Cristian e PISCIOTTA Elia hanno consentito di evidenziare l’effettiva sussistenza di disponibilità economiche e flussi monetari con reinvestimenti, anche immobiliari, ritenuti sproporzionati ai redditi dichiarati, documentando le sperequazioni risultanti al momento di ogni singolo acquisto e quella maturata negli anni. Sulla base delle risultanze investigative, è stato pertanto emesso un decreto di sequestro preventivo relativamente a beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d’azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società), per un valore complessivo stimato in circa 50.000.000,00 euro.