Associazione mafiosa, violenza privata ed estorsione: sono i reati – aggravati – ipotizzati dalla DDA di Napoli che ha iscritto nel registro degli indagati Vincenzo Sibillo e Anna Ingenito, genitori del baby boss Emanuele Sibillo, assassinato in un agguato camorristico nel 2015. Lo rende noto Fanpage.it.
Chi era il baby boss Emanuele Sibillo, Es17
Emanuele Sibillo è stato ucciso in un agguato nel 2015. Era a capo, insieme al fratello Pasquale, di un sottogruppo camorristico legato al clan Contini e quindi all’Alleanza di Secondigliano. In quel periodo era nel pieno la guerra di camorra contro i Buonerba, che erano invece emanazione del clan Mazzarella. Il 2 luglio 2015 fu colpito a morte in via Oronzio Costa; inutile la corsa al vicino Loreto Mare: al Pronto Soccorso arrivò già senza vita, ucciso da un’unica pallottola che lo aveva centrato alla schiena.
La cappella del baby boss come simbolo del potere
La vicenda che ha spinto i sostituti procuratori antimafia Urbano Mozzillo e Celeste Carrano a contestare quella tipologia di reati ai genitori di “ES17” è quella della cappella votiva allestita nel cuore di Napoli, in un’area condominiale antistante il palazzo che si trova nei pressi dei Decumani dove la famiglia abita insieme con altre persone.
Nella cappella, infatti, erano state sistemate le ceneri del baby boss e il suo busto, accanto ai simboli religiosi per la quale era stata realizzata. Un improprio accostamento tra il sacro e il profano che spinse i carabinieri, il 28 aprile scorso, a rimuovere urna e busto del giovane, diventato protagonista in diversi documentari dedicati a descrivere il fenomeno delle “paranze”.