E’ bufera su Andrea Crisanti. Il noto virologo ha infatti acquistato una villa del ‘500 in Veneto. Si tratta di Villa Priuli Custoza, a San Germano dei Berici, in provincia di Vicenza. In rete si vocifera che valga circa 2 milioni di euro, ma lui smentisce e dichiara di averla acquistata accendendo un mutuo.
Bufera su Crisanti, compra villa da 2 milioni di euro. Le accuse: “Soldi fatti con la pandemia”
E’ da tempo che i virologi ed epidemiologi sono finiti nell’occhio del ciclone. La loro sovraesposizione mediatica ha attirato le ire di haters e utenti della rete. In molti sono convinti che abbiano lucrato sulla pandemia. Chi con ospitate televisive, chi con consulenze milionarie e chi con pubblicazioni editoriali. Adesso è toccato ad Andrea Crisanti, ex consulente della Regione Veneto ai tempi del primo lockdown. Il microbiologo ha acquistato di recente una vila del ‘500 dal valore superiore al milione di euro. Si tratta di un edificio opera di Scamozzi, allievo del Palladio. Un vero gioiello architettonico del Rinascimento.
Villa acquistata con i soldi della pandemia? Lui smentisce ad Agorà, trasmissione in onda su Rai3. «Non ho preso una lira dalla pandemia. Come non prendo una lira ad Agorà, non l’ho presa mai da nessuna altra trasmissione. Io e mia moglie abbiamo posizioni apicali a Londra da 15-20 anni, quindi non devo giustificare come ho comprato questa villa. Posso assicurare che le consulenze offerte le ho girate al dipartimento perché mi sono preso l’impegno di non guadagnare una lira dal Covid», ha tuonato.
L’esperto ha altresì spiegato che la villa versa in uno stato d’abbandono da dieci anni e che occorrono lavori di ristrutturazione. «La comunità – ha proseguito Crisanti – fino a oggi ha visto questo bellissimo edificio solo attraverso le grate dei cancelli, io e mia moglie vogliamo rendere il giardino fruibile alle scuole, creare uno spazio di eventi che manca nella comunità. Acquistare una villa storica vincolata è un atto di coraggio in Italia, ci sono una serie di vincoli e di fatto i proprietari sono custodi del patrimonio storico italiano e fanno un lavoro che lo stato non è in grado di fare, si prendono carico di un bene e lo riaprono al pubblico».