Tecnica dell’elefante e bagno chimico: le torture di Putin

Dal conflitto in Ucraina affiorano storie terribili. Non solo storie di bombardamenti, case distrutte, profughi in viaggio. Ma anche torture, che alcuni soldati russi starebbero infliggendo a civili e militari ucraini per estorcere informazioni. Il giornalista di guerra Johsn Sweeney ne ha parlato già in un articolo del 2000, raccontando le tecniche di tortura adottate dagli ex sovietici ai danni dei ribelli ceceni. Due quelle più diffuse: la tecnica dell’elefante e il bagno chimico.

Le torture dell’esercito russo: cos’è la tecnica dell’elefante

Il nome evoca quasi un gioco. Ma l’elefante con cui sono abituati i bambini c’entra poco. E’ una tecnica di soffocamento applicata alla vittima con una maschera anti-gas. Il malcapitato viene coperto in viso con una maschera. Le mani vengono ammanettate dietro la schiena così da farti somigliare a un vero e proprio pachiderma con la proboscite. Peccato che i torturatori a un certo punto chiudano il tubo di respirazione e la vittima cominci a soffocare fino a che non si accascia a terra implorando una boccata d’ossigeno.

Un sopravvissuto ha raccontato anche una variante di questa tecnica, che prevede l’introduzione di gas nel foro di apertura della maschera: «Una volta che la maschera antigas è stata indossata, sapevi che ti avrebbero soffocato – ha raccontato l’uomo al giornalista americano -. Loro in un primo momento lasciavano andare e tu inspiravi profondamente. Poi spruzzavano gas nel foro di respirazione. Era così terribile che solo la vista della maschera antigas nella stanza avrebbe fatto confessare qualsiasi cosa alla gente».

…e il bagno chimico

Un’altra tortura documentata dai giornali all’epoca del conflitto in Cecenia e che secondo alcuni testimoni sarebbe riprodotta anche in Ucraina è quella del bagno chimico. A raccontarlo è un ex prigioniero del campo di prigionia di Chernokozovo, reso tristemente noto per gli stupri e percosse inflitte ai danni degli occupanti. L’uomo – all’epoca dei fatti 17enne – ha ricordato il giorno spaventoso in cui gli aggressori lo hanno sottoposto a un bagno chimico che l’ha reso cieco per molti giorni. «Mi hanno messo in una cella. Mi hanno ammanettato le mani dietro la schiena e hanno detto: ‘Vai avanti, nuota”. Ho perso la vista appena mi hanno spinto la testa lì dentro». «C’era anche qualcos’altro – ha aggiunto -, un barile pieno d’acqua con una gabbia sopra. Tiravi fuori la testa ma non potevi uscire di lì, eri intrappolato nel barile».

Nessuna ammissione

Per quanto all’epoca dei fatti siano state raccolte prove schiaccianti delle tecniche di tortura adottate dai russi, e malgrado la tortura sia vietata dalle Convenzioni di Ginevra, Putin e la Russia non hanno mai ammesso di aver fatto ricorso alla tortura per punire o estorcere informazioni ai propri prigioneri.

Il timore maggiore è che stia adottando le stesse tecniche anche in Ucraina. Sarebbero già 60mila i soldati e i civili ucraini deportati in Russia negli ultimi giorni di cui non si conosce la destinazione.

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