I Moccia a capo di una “federazione” di clan: anche 12 imprenditori al loro servizio

1983 le pagine di inchiesta che ricostruiscono un potere criminale – quello dei Moccia – strettamente legato a imprenditoria e politica. Secondo gli inquirenti i fratelli Antonio, Luigi e Angelo Moccia e il cognato Filippo Iazzetta sono, anche da detenuti, “vertici assoluti e indiscussi del clan”.

Camorra, tutti gli imprenditori al servizio del clan Moccia

Spulciando le pagine dell’ordinanza con cui ieri la DDA ha ordinato l’arresto di 52 persone, emerge un quadro inquietante: sono ben 12 gli imprenditori considerati al loro servizio destinatari delle misure cautelari. Tra questi spicca Giuseppe De Luca, detto Pinuccio ‘o presidente, che ‘lavora’ con i Moccia dal 1984. Per l’accusa sarebbe stato proprio lui a promuovere iniziative imprenditoriali “anche attraverso turbative delle procedure di gara finalizzata all’aggiudicazione di importanti appalti pubblici indetti dalla rete ferroviaria italiana Rfi spa”. Appalti in cui avrebbero partecipato in qualità di soci occulti i fratelli Moccia con ingenti investimenti posti a disposizione degli imprenditori.

Poi ci sono Giuseppe e Umberto Esposito, che lavorano nel settore dell’edilizia privata come titolari della Salin costruzioni srl. Umberto in particolare avrebbe eseguito una bonifica ambientale nel 2018 negli uffici di Casoria per liberarla dalle microspie messe dal Ros che monitorava da tre anni gli affari della cosca. O ancora: Francesco Di Sarno, che si occupa della raccolta di rifiuti, oli esausti e scarti di macellazione, e attraverso una delle sue attività, Soloil Italia srl, è entrato in Puglia grazie all’ex vice presidente del consiglio comunale di Bari, Pasquale Finocchio.

Sarebbe stato lui a facilitare il rilascio all’azienda dell’autorizzazione unica ambientale della Città metropolitana di Bari e del Comune di Modugno, garantendo l’assenza di controlli amministrativi. Sempre lui avrebbe poi anche fatto pressioni su esponenti politici locali, come il sindaco di Casarano, in provincia di Lecce, in modo che l’azienda potesse concludere il contratto. Tra gli indagati anche Enrico Petrillo e Angelo Piscopo che agiscono a Casoria, e Giovanni Russo, la cui concessionaria auto era il luogo delle riunioni della cosca.

La rete di affari con politica ed economia

L’inchiesta – che abbraccia un arco temporale che va dal 2015 al 2018, con accertamenti fino al 2019 – dimostrerebbe insomma che il clan continua a essere “una delle più potenti e pericolose organizzazioni camorristiche nel panorama nazionale, con radicamento nei territori della provincia napoletana e una forte strettissima relazione con altri gruppi mafiosi tanto campani che nazionali”, in grado di stringere patti con l’economia e la politica “per operare profittevoli investimenti dei capitali illeciti” nell’economia legale e non.

Nel corso del tempo, i Moccia sono diventati una confederazione di singoli gruppi criminali locali, dotati ciascuno di loro di una propria competenza territoriale, e guidati da un senatore, storico affiliato di rango del clan. Sopra di loro il coordinatore delle articolazioni territoriali, che gestisce la cassa comune ed è nominato dal gruppo dirigente della cosca, praticamente composto dalla famiglia Moccia (prima dalla vedova del boss fondatore Angelo, Anna Mazza, morta nel 2018 e ora dai suoi quattro figli Angelo, Luigi Antonio e Teresa insieme il marito Filippo Iazzetta), i quali, seppure in modo defilato, anche perché si sono allontanati dalla Campania, continuano a dirigere la cosca.

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