C’erano ruoli definiti all’interno del nuovo clan Mallardo. C’è chi si occupava di estorsioni, chi di gestire le risorse economiche, chi di controllare il territorio. A Michele Olimpio, detto ‘o bumbular (foto in basso a sinistra), spettava un compito più gravoso e importante: comandare. Durante la sua reggenza, tra il 2017 e il 2019, ha dovuto affrontare uno dei momenti più difficili della cosca dei Carlantonio, attraversata da venti di faida e tentativi di scissione. Ad affiancarlo in questa fase la moglie, Dyudmyla Pylypenko, ucraina trapiantata in Italia.
La nuova guardia del clan Mallardo e il ruolo della moglie del boss
Le indagini che hanno portato all’arresto di 25 persone hanno ricostruito l’organigramma del clan Mallardo. La cosca, negli ultimi anni, era riuscita a riorganizzarsi nonostante la morte del boss Feliciano Mallardo e la detenzione di Ciccio ‘e Carlantonio, il capo dei capi dell’Alleanza di Secondigliano. Michele Olimpio, detto ‘o bumbular, aveva preso le redini del sodalizio e lo aveva condotto fuori dalla guerra di camorra interna intrapresa dal gruppo di via Montessori, guidato da Nello Di Biase, il figlio del ras Michele, detto Paparella, desideroso di ritagliarsi uno spazio nella compagine criminale dell’area nord di Napoli. Detenuto in regime di arresti domiciliari in Piemonte, Olimpio sfruttava falsi certificati medici rilasciati da un dentista compiacente del posto, per tornare a Giugliano e organizzare summit di camorra.
Nella sua attività però poteva contare sulle doti organizzative della moglie, Dyudmyla. La donna trasmetteva gli ordini impartiti dal marito per via telefonica ai luogotenenti del clan, in particolare Stefano Cecere e Mario Quaranta (nelle foto). Partecipava inoltre alla gestione delle attività di famiglia, in particolare un’agenzia di scommesse intestata alla nuora del boss e un’azienda del settore della distribuzione dei carburanti, tutto finito sotto sequestro nel blitz del 7 giugno. Dyudmyla trovava infine il tempo per truffare lo Stato. Infatti si era fatta assumere fittiziamente da un bar e poi licenziare per poter riscuotere il sussidio di disoccupazione. Avrebbe percepito indebitamente dall’INPS somme per 10mila euro reimpiegate poi in un giro di usura a Napoli.
Il racket in fascia costiera
Un’articolazione del clan era invece impegnata nelle estorsioni sulla fascia costiera. La cellula criminale, guidata dal ras Michele Di Nardo, imponeva il racket ai distributori di benzina, ai ristoranti e ai concessionari di auto. Licola, Varcaturo e Lago Patria erano sotto il controllo diretto del clan Mallardo secondo un piano di spartizione della fascia costiera che assegnava invece Castel Volturno al controllo del clan Bidognetti, ramo dei Casalesi, storici alleati della cosca dei Carlantonio. La mattina dell’8 giugno, su impulso della DDA partenopea, i carabinieri della Compagnia di Giugliano hanno eseguito decreti di fermo nei confronti di ben 9 affiliati, tra cui lo stesso Di Nardo, smantellando così il gruppo del clan attivo sul litorale.