GIUGLIANO. Le estorsioni del clan Mallardo non risparmiavano nemmeno il cimitero. Dall’inchiesta che ha ricostruito il periodo della reggenza di Michele Olimpio, spunta infatti la figura di Francesco Mallardo, omonimo del capoclan, e soprannominato ‘o marmularo.
Imprenditore attivo appunto nel settore del marmo, per gli inquirenti era vicino al defunto boss Feliciano Mallardo detto lo sfregiato, ed oggi ai sui rampolli (indagati a piede libero), factotum per conto del boss detenuto Francesco Napolitano in virtù di legame personale risalente nel tempo, ed oggi quindi vicino ad Olimpio, del quale nell’ultimo periodo sarebbe stato il cassiere visto che il boss si trovava in Piemonte ed anche autista quando il boss riusciva a tornare a Giugliano.
Giugliano, estorsioni al cimitero
Diversi i pentiti che parlano del legame dell’imprenditore Francesco Mallardo con la cosca. Tra questi il collaboratore di giustizia, poi deceduto, Filippo Caracallo. “Un ventina d’anni fa aveva una fabbrica di marmo. E’ entro nelle grazie del clan per il suo lavoro al cimitero di Giugliano – spiega il pentito – dove, come marmista, faceva le lapidi. Nel periodo in cui si costruirono le cappelle private, lui si è occupato – aggiunge Caracallo – di contattare gli imprenditori che costruivano per imporgli l’estorsione per il clan. Ce li segnalavano o ce li portava direttamente”.
Anche per le opere nel camposanto quindi, secondo quanto emerge, andava versata la tassa alla camorra. Non solo racket su cantieri e attività commerciali. Una pressione malavitosa su ogni attività svolta nella città, fermata dalla due importante operazioni messe a segno questa settimana che hanno decapitato il clan giuglianese.