Napoli. Una vera e propria mazzata per il clan Moccia, una delle cosche più importanti dell’hinterland, con ramificazioni nelle zone di Afragola, Casoria e Arzano. Nella giornata di ieri sono arrivate 26 condanne per altrettanti esponenti del clan, accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo camorristico, estorsione, usura e armi.
Le pene più alte per i ras della cosca. Francesco Favella di Casoria, condannato a 26 anni. 24 anni per Filippo Iazzetta e Giuseppe Angelino, entrambi di Afragola. Diciannove anni per Michele Puzio e 16 anni e 3 mesi per Anselmo Vitucci. Entrambi di Afragola.
Sono di Arzano invece Gennaro Brancato, Giovanni Di Iannicella e Gaetano Barone, condannati rispettivamente a 16, 15 anni e 14 anni e 6 mesi. 13 anni e 6 mesi invece per Giuseppe Ciotola di Casoria. 13 per Salvatore Pezzella di Casavatore, 12 anni e 6 mesi per Domenico Cimini di Casoria, 12 anni per Nicola Luca e Pasquale Raucci e Domenico Zanfardino di Fragola. 11 anni per Antonio Barra e Antonio Iorio di Afragola. 10 anni e 6 mesi per Giovanni Alleluia di Afragola, 10 anni per Antonio Maldarelli e Francis Venturelli di Casoria. 9 anni per Crescenzo Russo di Afragola. 8 anni per Salvatore Scafuto di Afragola.
Pene più basse per Anna Ceriello, 4 anni e 8 mesi, anche lei di Afragola. Antonello Savas e Girolamo Scafuro, entrambi a 3 anni.
La retata che portò i 26 condannati in carcere avvenne nel gennaio del 2015. Nel corso di quel blitz, fu scoperta anche una “camera di tortura” per chi non si piegava ai diktat e alle richieste del clan. Nell’ambito di quell’indagine emerse anche una fitta rete di solidarietà tra gli affiliati ed un’organizzazione economica di tipo “aziendale”, che prevedeva stipendi agli “impiegati” della cosca e regolari “mesate” alle famiglie dei carcerati.
Fonte: CronachediNapoli