Mire espansionistiche e “cattivi ragazzi” che vogliono più potere, più soldi. Ecco la nuova guerra di Scampia. Una guerra che parte all’inizio del 2011 quando comincia la nuova scissione. O meglio, quando avviene la scissione negli scissionisti.
Nel cartello criminale che si era ribellato ai Di Lauro si apre una frattura. Il clan guidato dalle famiglie Amato-Pagano, capaci di aggregare i vari gruppi scontenti dei Di Lauro e scatenare la faida del 2004, inizia a scricchiolare.
Nasce un nuovo consorzio del sangue, formato dagli Abete-Abbinante con gli alleati Notturno e Aprea. Famiglie legate anche da solidi legami di parentela che decidono di ribellarsi alla dittatura degli Amato-Pagano. Nascono così i cosiddetti “Girati”.
L’obiettivo è quello di ricacciare il clan che ha guidato la rivolta contro Paolo di Lauro, alias Ciruzzo ‘o milionario, nei comuni di Melito, Mugnano e Casavatore. In pratica i Girati vogliono strappare Scampia e Secondigliano a quelli che fino al 2011 sono stati i leader degli scissionisti, ovvero, vogliono prendersi il più grande market della droga d’Europa.
Ad accelerare l’inizio della nuova guerra, sostengono gli inquirenti, sono le scarcerazioni di Arcangelo Abete e Giovanni Esposito detto ’O Muort che tornano su “piazza” proprio quando il gruppo Amato-Pagano è colpito dall’arresto del boss Carmine Amato, nipote di Raffaele detto a Vicchiariella, con le redini delle famiglie finite nelle mani del solo Mario Riccio.
Arcangelo Abete, 43 anni, per una serie di “congiunture favorevoli”, come sostiene la Procura, gode impropriamente di una situazione di libertà proprio in una fase di riassestamento dei rapporti di forza all’interno della compagine scissionista, finalizzata a ridurre il potere criminale degli Amato-Pagano, durante la quale emergono i gruppi Abete-Abbinante, capaci di saldare in alleanza anche i Notturmo e gli Aprea di Barra e lanciare così la sfida a chi è rimasto fedele a Riccio.
All’inizio di gennaio 2012 la faida in sedici giorni conta cinque morti: il 5 a Giugliano, via San Vito, viene ucciso Rosario Tripicchio; l’11 a Melito tocca a Patrizio Serrao e il 16 dello stesso mese, di nuovo a Melito, i killer ammazzano Fortunato Scognamiglio.
Il 9 in un’auto bruciata erano stati trovati i corpi carbonizzati di Raffaele Stanchi, “Lello bastone” e del suo autista Luigi Mondò.
Si tratta di un duplice omicidio eccellente che determinerà altre tragiche conseguenze. Il conflitto si chiude con un altro caduto importante: Biagio Biancolella, figlio di Francesco, detto Ciccio ’o Manaco, esattore degli Amato-Pagano per le estorsioni nel settore degli appalti pubblici e privati nei comuni di Melito e Mugnano, di cui il figlio aveva preso il posto. Biancolella cade sotto i colpi dei sicari il 9 maggio in via Cesare Pavese a Mugnano.
Dopo questo colpo gli Amato-Pagano sono costretti a lasciare Napoli e rifugiarsi nei soli comuni a Nord. Per gli Abete-Abbinante è la svolta. Ormai hanno in mano il mercato della cocaina (con un volume di affari che va dagli otto ai dodici milioni di euro ogni due mesi) e sono sicuri di poter conquistare tutte le vecchie piazze un tempo controllate dai Di Lauro, accaparrandosi anche i proventi che derivano dalla vendita di eroina, hashish e marijuana.
Nella loro avanzata gli Abete-Abbinante non hanno fatto i conti, però, con i “cattivi ragazzi” della cosiddetta “Vianella Grassi”, il complesso di case simile a un fortino che sorge in via Vanella Grassi, alle spalle di corso Secondigliano.
Tra i vecchi boss di Scampia e i giovani armati di Secondigliano iniziano le prime frizioni. Un’escalation continua con episodi eclatanti come quando due giovani vengono salvati dalla polizia mentre sono stati sequestrati e legati all’interno di un’auto.
L’offensiva di quelli della Vianella secondo gli inquirenti, inoltre, nasconderebbe la regia occulta del clan Di Lauro ridimensionato dalla prima faida eppure, a giudizio degli inquirenti, ancora pienamente operativo intorno alla leadership di Marco Di Lauro, 31 anni, latitante da quando ne aveva 24, figlio del padrino “Ciruzzo ‘ o milionario” che è detenuto dal 16 settembre del 2005.
Il gruppo della Vanella Grassi, rileva la Procura negli atti dell’inchiesta che alla fine di luglio ha ricostruito le più recenti dinamiche criminali di Scampia, “appare il migliore alleato possibile del clan Di Lauro”, con l’obiettivo di richiamare alla base e ricompattare anche “transfughi dal cartello scissionista, ma già in passato affiliati al clan Di Lauro e comunque pronti a ridisegnare e rinegoziare gli assetti criminali del territorio”.
Un’alleanza quasi naturale considerando anche i rapporti di alcuni personaggi di primo piano della Vanella Grassi con i Di Lauro, come Antonio Mennetta.
Nel marzo del 2007, con il duplice omicidio Giuseppe Pica e Francesco Cardillo, all’epoca referenti sul territorio del clan Di Lauro, il gruppo della Vianella capeggiato da Salvatore Petriccione (coadiuvato dai nipoti Fabio Magnetti, Rosario Guarinio e Antonio Mennetta e da numerosi killer come Salvatore Frate), che durante la faida del 2004-2005 costituivano l’originario gruppo di fuoco di Marco Di Lauro, passa con gli scissionisti. La decisione non viene condivisa subito da Antonio Mennetta, che in quel periodo era detenuto.
Durante il periodo di detenzione, comunque, Mennetta non interrompe i suoi rapporti con il gruppo di appartenenza, pur manifestando grandi perplessità per la scelta operata dallo zio e dagli altri affiliati di aderire al cartello scissionista.
Con la sua scarcerazione, nel dicembre del 2010, torna sul territorio un personaggio ritenuto dagli inquirenti di primo piano, in passato fortemente legato a Cosimo e Marco Di Lauro, che riprende il proprio ruolo all’interno del clan, soprattutto nel settore del mercato degli stupefacenti, con chiare aspirazioni espansionistiche, cercando di trarre vantaggio dalla situazione di indebolimento della cosca Amato-Pagano. Considerato questo scenario lo scontro con gli Abete-Abbinante e i loro alleati è conseguenziale anche perché quelli della Vianella possono contare su un commando di fuoco di giovanissimi pronti a tutto. L’episodio eclatante che dà vita alla terza faida, uno scontro che per la ferocia ricorda quello iniziato nel 2004, è proprio l’omicidio di Raffaele Stanchi, alias Lello ‘o bastone, contabile e gestore della Piazza di spaccio del Lotto P (le cosiddette case dei puffi), per conto degli Amato-Pagano. Questo agguato, eccellente, assesta un colpo al cuore del clan segnando il momento di maggiore contrapposizione nel cartello scissionista, ma allo stesso tempo determina l’allontanamento definitivo della compagine della Vianella Grassi, aprendo un terzo fronte. “Lello ’o bastone” viene ucciso in quanto non vuole pagare una partita di droga acquistata proprio da quelli della Vanella Grassi