C’è una clessidra invisibile che sta scorrendo in maniera inesorabile in queste ore. Ed è legata alla sopravvivenza dei cinque passeggeri del sommergibile “Titan” inabissato sui fondali dell’Oceano Atlantico. La spedizione finanziata da cinque miliardari si è trasformata in un incubo dal momento in cui sottomarino ha perso il contatto con l’Ocean Gate. E nel frattempo, ora dopo ora, la riserva di ossigeno a disposizione sta per esaurirsi.
Pochissime speranze per il “Titan”, l’ossigeno sta per finire
Cosa sia successo per davvero al momento è un mistero. Forse un guasto tecnico ai sistemi di comunicazione, forse un incidente. C’è chi ipotizza che il sommergibile con a bordo cinque persone si sia incagliato tra i relitti dello stesso Titanic. Martedì scorso un rumore ritmico proveniente dagli abissi ha suggerito la possibilità che i passeggeri siano ancora vivi. Il problema è che l’area delle ricerche è troppo grande e il tempo, nel frattempo, stringe.
Fino ad ora sono stati setacciati con l’aiuto di un aereo canadese che sta supportando la Capitaneria di Porto statunitense 25.900 kmq di oceano, un’area grande quanto il Massachusetts o il Libano. Tra l’altro, se pure si riuscisse a localizzare il Titan negli abissi, recuperarlo sarebbe comunque un’enorme sfida logistica. Sarebbero necessari equipaggiamenti speciali, per la pressione enorme e la totale oscurità che si registra a una profondità di 3800 metri.
Chi sono i passeggeri e dove hanno trascorso le ultime ore
I cinque passeggeri sono il milionario britannico Hamish Harding (58 anni), il businessman pakistano Shahzada Dawood (48) col figlio Suleman (19), l’esploratore e pilota di sommergibili francese Paul-Henri Nargeolet (77) e Stockton Rush (61), il patron di OceanGate, l’azienda proprietaria del Titan.
I cinque sono stipati in un ambiente molto piccolo. Il sommergibile infatti è largo 2,80 metri e alto 2,50 metri. Non sappiamo come le cinque persone presenti nello scafo abbiamo trascorso queste ore drammatiche e se abbiano adottato delle tecniche di autocontrollo per consumare meno ossigeno, evitando ad esempio di parlare e di muoversi.
Tra i passeggeri sarebbe stato l’ex sub Nargeolet, vista la sua esperienza, che potrebbe aver percosso ritmicamente lo scafo per lanciare segnali ai soccorritori.