Tony e Tina: l’incontro col boss Di Lauro, la fabbrica ad Acerra e la boutique a Secondigliano

Un boss di camorra, un cantante neomelodico e una vedova “nera”. Tre figure – apparantemente diverse – che si ritrovano a fare affari insieme, investendo enormi somme di denaro nel settore del contrabbando di sigarette, in quello dell’abbigliamento e alimentare. Tra Tony Colombo, sua moglie Tina Rispoli e Vincenzo Di Lauro, F2, secondogenito del boss Paolo, nasce così una partnership criminale che frutterà migliaia di euro al capoclan – che punta su nuovi investimenti – e alla coppia più glamour del panorama musicale partenopeo. A ricostruirlo le quasi 2mila pagine dell’ordinanza che ha portato all’arresto, l’altra notte, di 28 persone, tra cui Colombo, Rispoli e il rampollo dei Di Lauro, con cui il cantante intreccia un rapporto documentato da conversazioni telefoniche e WhatsApp.

Come i coniugi Colombo entrano in contatto con il boss

Siamo nel 2015. Vincenzo Di Lauro, dopo essere stato scarcerato, capisce che è il tempo che il clan cambi pelle. Occorrono finanziamenti meno rischiosi, senza però voltare del tutto le spalle al passato. Racimola un po’ di soldi da alcuni vecchi prestanome, impone l’estorsione ai commercianti e mette insieme più di 500mila euro.

Poi si lega (intorno al 2018) a Tony Colombo e a Tina Rispoli, vedova del defunto Gaetano Marino, ucciso a Terracina nel 2012. La donna, secondo i magistrati, disporrebbe di grosse somme di denaro derivanti dal traffico di droga e da un ingente patrimonio immobiliare, ereditato dopo la morte del marito.

Torniamo agli affari tra i tre. Vincenzo Di Lauro punta sulle sigarette di contrabbando, uno dei principali business del clan. Ma fa un passo in avanti: anziché limitarsi a importare “bionde” dall’Est, decide di produrle. E qui subentrano Tony e Tina: in questo giro d’affari, la coppia, secondo i giudici, partecipa come finanziatori e fa avere, attraverso Raffaele Rispoli (fratello di Tina e luogotenente di F2), 35mila euro.

La fabbrica di sigarette ad Acerra

Il capannone, che verrà adibito a fabbrica per la creazione e lo stoccaggio di “bionde”, viene individuata ad Acerra, nell’area a nord di Napoli. Secondo alcune stime, l’azienda avrebbe potuto produrre 400 casse di sigarette contraffatte al giorno, con marca “Regina” e “Diana”, pari a 4 tonnellate. A lavori ultimati nel capannone, interviene la Guardia di Finanza che sequestra tutto il materiale, dopo aver intercettato in precedenza un incontro in via Varignano, sempre ad Acerra, tra appartenenti del gruppo criminale e un bulgaro, referente in Italia dell’organizzazione bulgara con cui Di Lauro era in affari.

Il brand “Corleone”

L’iniziativa, quindi, va male. E Di Lauro prova a entrare in nuovi business: diventa socio occulto nella realizzazione del brand “Corleone” – che verrà pubblicizzato da alcuni vip che, naturalmente, erano all’oscuro di chi ci fosse dietro al marchio – e del drink “9 millimetri”; sarà poi “presente” anche nella gestione di supermercati nei locali di Tina Rispoli e di una boutique di Secondigliano dove vengono venduti i capi firmati “Corleone” (sponsorizzati online con un jingle che riproduce la musica de ‘Il Padrino’).

Ad oggi il sito ufficiale del brand non esiste più. Dalle carte dell’inchiesta, poi, emergono anche le richieste che Tony Colombo avrebbe avanzato al boss, tramite conversazione Whatsapp, tra queste un assegno a sessanta giorni per una stamperia a Palma Campania, anche questa estranea ai fatti.

Il ruolo dei pentiti e gli incontri presso la casa discografica

Il rapporto tra la coppia- che volle Di Lauro perfino al loro matrimonio – e il boss viene ricostruito dagli inquirenti anche grazie ai pentiti Gianluca Giuliano, Gennaro Carra, Salvatore Tamburrino, che rivelano dettagli sugli spari contro la casa discografica di Colombo.

La stessa che, pare, fosse tanto cara a F2, al punto da renderla luogo di summit di camorra. Secondo l’inchiesta, lo studio di Colombo avrebbe infatti ospitato l’incontro tra Di Lauro e il figlio del boss di Torre Annunziata, Valentino Gionta. Vertice interrotto da un blitz delle forze dell’ordine, a cui i due sfuggirono.

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