Lo Stato dovrà pagare oltre un milione di euro agli eredi di un uomo di Mugnano che 39 anni fa era stato sottoposto a trasfusioni di sangue infetto presso l’ospedale CTO di Napoli, morto poi nel 2015 a causa del decorso degenerativo della malattia epatica. A stabilirlo è stato il Tribunale di Napoli, che con sentenza del 5 marzo 2024 ha condannato il Ministero della Salute al maxi risarcimento.
Mugnano, morto per trasfusione sangue infetto: lo Stato risarcirà oltre un milione di euro gli eredi
Ma facciamo un passo indietro. È il 1985 quando D.L., che all’epoca dei fatti aveva 50 anni, si reca in ospedale per una frattura al femore. Per ragioni mediche viene sottoposto a emotrasfusioni, per effetto delle quali contrae l’infezione da HCV (epatite virale di tipo C), malattia che gli verrà diagnosticata all’inizio del nuovo millennio. Nel 2015, a seguito di complicanze legate alla cirrosi epatica che subentra in un secondo momento, muore all’età di 77 anni dopo anni di sofferenze.
La moglie e i quattro figli, dando incarico legale all’avvocato Piervittorio Tione, citano in giudizio il Ministero della Salute per accertare la responsabilità del dicastero di via Lungotevere Ripa sull’omesso controllo delle sacche di sangue destinate alla trasfusione e per ottenere il risarcimento dei danni subiti per la morte del congiunto.
A riconoscere il nesso tra le complicanze della patologia epatica e il decesso del 77enne sarà la Commissione Medico Ospedaliera di Napoli e, poco dopo, anche il Ctu incaricato dal giudice del Tribunale di Napoli che conferma la correlazione tra emotrasfusione, patologia e decesso della vittima.
“Danno da lucida agonia”
Tornando ai giorni nostri, nella sentenza del 5 marzo 2023 il magistrato ha accertato la responsabilità del Ministero per non aver vigilato e controllato la salubrità del sangue utilizzato per le trasfusioni, condannandolo al pagamento di più di 170mila euro a favore della moglie e dei figli. Per un totale di oltre un milione di euro, comprese le spese legali. Oltre ai danni biologici ed ereditari, il giudice ha voluto riconoscere anche il “danno morale catastrofale”, conosciuto anche come “danno da lucida agonia”, che, in poche parole, consiste nella sofferenza interiore che la vittima prova quando è consapevole dell’arrivo imminente del decesso.
“Ora, vinta la causa, che di certo non restituirà il proprio caro alla famiglia, ma che ancora una volta sancisce la responsabilità grave ed esclusiva dello Stato per le tante morti da sangue infetto, viene il compito più arduo: spingere il Ministero a pagare quanto meritatamente ottenuto davanti ad un Tribunale in tempi relativamente brevi”, commenta l’avvocato Piervittorio Tione.