Su invito del rettore Matteo Lorito, il rapper Geolier ha tenuto un incontro con gli studenti dell’Università Federico II.
Geolier alla Federico II: “Il mio rimpianto più grande? Non aver studiato”
L’appuntamento si è svolto questo pomeriggio in un luogo particolarmente significativo: l’Aula Magna della sede di Scampia dell’Università Federico II, non lontana da Mianella, rione Gescal, dove è cresciuto Emanuele Palumbo, conosciuto artisticamente come Geolier.
Geolier ha condiviso il percorso della sua vita e carriera, rispondendo anche alle domande poste dagli studenti attraverso Pier Luigi Razzano, del laboratorio radiofonico dell’ateneo, F2 Radio Lab.
“Non posso insegnare niente. Sono un ragazzo come voi”
“Io sono qui, ma non posso insegnare niente a nessuno. Sono un vostro coetaneo e condivido con voi ansie e paure” ha detto all’inizio del suo intervento il 24enne, forse in risposta anche alle polemiche che hanno preceduto l’incontro.
“Come ti vedi nel tuo futuro?” gli chiede Razzano. “Speriamo vivo” lui scherza. Quando però il giornalista gli chiede qual è il suo più grande rimpianto, la conversazione diventa più seria. “Non aver studiato” ammette Emanuele spiegando che, potendo scegliere, farebbe sicuramente qualcosa ad indirizzo musicale ma soprattutto è pentito di non aver studiato perché sente che lo studio lo avrebbe “aiutato a comunicare meglio le mie emozioni, a farmi capire”. “All’inizio – ricorda il rapper – avevo anche paura di farmi intervistare. Perché avevo paura di sbagliare. Anche dire una parola in italiano era strano”.
Geolier: “L’arte non ha responsabilità educative”
Anche la sua musica è cambiata nel corso del tempo. “Non è il successo che cambia quello che scrivi. Il successo cambia te e tu cambi quello che scrivi” dice Emanuele ricordando pezzi “più rap”, scritti anni fa, che però appartengono a una fase diversa.
“Mio papà era molto scettico all’inizio. Sui pezzi forti – ricorda ancora il 24enne – lui mi avvicinava e diceva: ‘ma che scritt? te devi dare l’esempio‘”. L’arte, però, a suo dire non ha funzioni o responsabilità educative. “Deve curare, a volte, ma anche intrattenere. Con i miei pezzi puoi ballare e puoi piangere. Dipende cosa ti serve in quel momento” dice Emanuele.
Infine, le domande dal pubblico sull’uso della lingua napoletana ne suoi testi e soprattutto sull’essere di periferia. “Alcuni hanno paura – dice Geolier – pensano che venire dalla periferia sia uno svantaggio, ma niente affatto. Essere della periferia è un vantaggio, perché noi sappiamo che nessuno ci regala niente, abbiamo fame e si vede”.