Marano. Si parla sempre più spesso, a Marano, soprattutto negli ultimi periodi di un possibile dissesto finanziario. Durante l’amministrazione Cavallo fu evocato continuamente sia dai consiglieri comunali sia dallo stesso sindaco e dall’assessore al Bilancio dell’epoca Oreste Granata che stavano a un passo dal chiederne la dichiarazione. Si trattava di una scelta politica e non solo gestionale.
In quel periodo, Angelo Liccardo (oggi sindaco dimissionario), alla sua seconda esperienza consiliare e primo degli eletti nel Pdl con 524 voti, nella veste di capogruppo del partito di Berlusconi, alla domanda del giornalista di un periodico locale che gli chiese quale fosse la sua proposta per evitare il crack finanziario, rispose così: “A Marano c’è bisogno di un cambio di direzione, di una svolta verso una gestione più efficiente della cosa pubblica. C’è bisogno di una classe politica compatta e determinata, che sappia prendere decisioni coraggiose in materia di finanza, c’è bisogno di attuare una serie riduzione delle spese e di un serio programma per la valutazione corretta delle entrate e delle uscite. Solo con l’effetto combinato di questi fattori si può riuscire a creare quel circolo virtuoso tale da rilanciare la macchina amministrativa e risanare le finanze dell’ente”.
Praticamente disse tutto e non disse niente. Cavallo, poi, ad aprile 2012 gettò la spugna, dimettendosi per motivi di salute. Arrivò il Commissario straordinario Gabriella Tramonti che trovò una situazione economico-finanziaria da brividi. Pochi mesi dopo, la Corte dei Conti (sezione regionale Campania), presieduta dal magistrato Vittorio Lomazzi, dopo aver esaminato i dati del conto consuntivo 2010 e dopo aver ascoltato, nella seduta del 3 luglio 2012, il dirigente dell’area economica finanziaria (Claudia Gargiulo) e i presidenti dei due collegi dei Revisori dei conti (sia quello uscente, Sergio Bergamasco, che quello subentrante nominato da Tramonti, Gomez de Ayala), adottò la deliberazione n.225/2012, dalla quale emerse una fotografia impietosa sulle irregolarità contabili e sugli squilibri strutturali degli ultimi anni, a partire dal duemila. Una sentenza che aprì uno squarcio sui mali endemici del Comune di Marano.
La magistratura contabile all’epoca non avrebbe avviato l’iter per la deliberazione dello stato di dissesto solo perché ritenne, a dire di molti addetti ai lavori, un commissario prefettizio più affidabile della classe politica, ma impose un rigoroso piano di risanamento, indispensabile per salvare l’ente dal baratro. Un piano che fu subito varato dal prefetto Tramonti e che fu oggetto di continuo monitoraggio da parte della sezione regionale della Corte dei Conti, attraverso un’accurata analisi della relazione che doveva essere inviata ogni trimestre.
Insomma, il Comune stava pian piano risalendo la china di una crisi pesante. Fu varata una manovra di risparmi ammontante a 535mila437 euro l’anno. Saltarono servizi e posti di lavoro, ma si allontanò lo spettro del dissesto. Tramonti andò via lasciando i conti di gran lunga migliorati: a luglio 2013 gli subentrò l’amministrazione Liccardo. Da Tramonti al tramonto? Certo che in tre anni la situazione economico-finanziaria è peggiorata drasticamente, per cui, questa volta, sarebbe difficile evitare la dichiarazione di dissesto.
Di Mimmo Rosiello