C’è qualcosa che non torna nella storia dei conti in rosso del Comune e della richiesta di aiuto allo Stato centrale, che attraverso il Salva Roma Ter potrebbe traferire ai comuni con più di 50 mila abitanti (in condizione di pre-dissesto finanzario) quelle risorse economiche in grado di fermare l’emorragia. Circa trecento euro ad abitanti, per un totale di 16-17 milioni di euro, proprio quanto necessiterebbe il Comune di Marano. Quel che non quadra non è l’ammontare del disavanzo di amministrazione, accertato con l’approvazione in giunta del consuntivo del 2013, bensì le misure finora messe in campo (o non attuate) dall’amministrazione comunale.
Le manovre attese da anni. L’ombra del default aleggia, minaccioso, da almeno cinque anni-sei anni sul Comune di Marano. L’enorme mole di debiti pregressi e di contenziosi giudiziari pendenti non sono certo imputabili alle scelte della giunta in carica, ma è altrettanto vero che ad oggi, ovvero a circa 12 mesi dall’insediamento della compagine targata Liccardo, delle politiche e misure tracciate dal commissario straordinario Gabriella Tramonti non ve n’è nemmeno l’ombra o quantomeno stentano a decollare. Il Comune si era impegnato infatti con la Corte dei conti (autunno 2012) ad alienare una parte del proprio patrimonio immobiliare, circa 30 alloggi che avrebbero dovuto fruttare sei-sette milioni di di euro. Cifra altisonante e non corrispondente al reale valore degli immobili, si obietterà. Sta di fatto che quell’impegno è stato completamente disatteso. Impegno disatteso anche sul fronte del recupero dei tributi. Che fine ha fatto l’agognata lotta ai furbetti dell’acqua, della Tarsu, Tares e altre simili gabelle? Sono circa cinquemila, come accertato da vecchie relazioni, le famiglie che a Marano non pagano l’acqua. Milioni di euro non sono stati mai recuperati dagli occupanti dei parchi e delle lussuose ville ai quali, poco meno di un anno e mezzo fa, era stato minacciato il taglio della fornitura. Cosa dire, poi, sugli occupanti degli immobili popolari, quelli che ancora oggi pagano (in pochi, in realtà) quattro spiccioli. Perché non regolarizzare quelle posizioni e i rimodulare i relativi contratti? Perché non consentire ad alcuni di loro – come ipotizzato proprio dall’ex commissario prefettizio – di usufruire del diritto di prelazione per immobili che allo stato sono del tutto infruttuosi? E ancora: cosa si sta facendo per il recupero degli oneri concessori, il condono edilizio e quant’altro?
Il buon esempio. E perché la politica, seppur con gesti simbolici, non sente il bisogno di fare la propria parte? Potrebbe essere fissato un tetto massimo alle commissioni consiliari, tanto per fare un esempio. L’unico ad aver dato un segnale, in tal senso, è stato il consigliere Salvatore De Stefano, che donerà i suoi proventi ad un’associazione religiosa. E gli assessori, almeno i facoltosi professionisti, perché non sentono – considerando l’attuale contingenza socio-economica – la necessità di ridursi lo stipendio. E i premi di produttività per dirigenti e funzionari? Sono tutti giustificati? Il Comune da un lato si appresta a chiedere aiuto allo Stato, dall’altro però non ha ancora messo in campo (occorrerebbe farlo fin da subito) quelle manovre che un ente in pre-dissesto deve necessariamente compiere. Riduzione della spesa, non solo quella per le politiche sociali, gli investimenti, le infrastrutture e quant’altro, ma anche per una serie di contratti (talvolta inutili) di collaborazione. Il Comune si aggrappa al Salva Roma Ter, ma è opportuno ricordare che i soldi che eventualmente arriveranno (il piano di riequilibrio dovrà essere vagliato dalla Corte dei conti) a Marano dovranno essere poi restituiti allo Stato, seppur spalmati nel tempo. Significa che a rimetterci, ancora una volta, attraverso il pagamento di tasse e imposte (altro che riduzione della pressione fiscale) saranno i cittadini di Marano. Queste cose sono note a tutti: i sacrifici che ci aspettano per i prossimi anni, l’impossibilità di sperperare altro denaro pubblico, la necessità di fare cassa. Ma se la cinghia occorre stringere, lo si faccia dopo aver esperito tutte le possibilità per stanare grandi evasori e furbetti e non prima di aver dato il buon esempio.
Il portavoce per il sindaco. Uno su tutti? E’ veramente necessario dare il la, varare una selezione per l’individuazione di un portavoce del sindaco? Un portavoce (categoria D) che costerà all’Ente all’incirca 30 mila euro l’anno. Se ne sente davvero il bisogno? Un ente in dissesto o sul viale del default dovrebbe avere ben altre priorità.