Marano, l’arsenale degli Amato-Pagano e i misteri non ancora chiariti

L’arsenale del gruppo criminale guidato da Mario Riccio, il giovane boss nato e cresciuto a Marano e assicurato alla giustizia nei mesi scorsi, è stato ritrovato ieri mattina in via Cupa Malizia, nel cuore del centro storico, in una zona incolta e a pochi passi dal quartiere in cui ancora risiedono i familiari del criminale legato agli Amato-Pagano.

Un arsenale, quello rinvenuto dagli agenti del commissariato di Scampia, gli stessi che lo scorso 9 febbraio avevano posto fine alla lunga latitanza di Riccio, composto da due fucili mitragliatori (kalashinikov), un revolver, due pistole Beretta, tre pistole semi-automatiche e circa 500 munizioni di vario calibro.

Le armi, tutte in perfetto stato di conservazione, erano conservate in un borsone e nascoste all’interno di un bidone di plastica, a sua volta sotterrato in una sterpaglia. L’operazione di ieri mattina rientra nell’ambito delle indagini avviate anche a seguito dell’uccisione di Andrea Castello e della scomparsa di Antonio Ruggiero, entrambi di Marano e ritenuti punti di forza dell’ala scissionista guidata in città da Mario Riccio, alias “Mariano”.

Il giovane e spietato criminale, legato per vincoli di parentela al boss Cesare Pagano, era divenuto il referente degli Amato-Pagano in molti centri della cintura metropolitana di Napoli, in particolare nei comuni di Mugnano, Melito, Casandrino, Casavatore e, da circa un anno e mezzo, anche a Marano, storica roccaforte dei clan Polverino e Nuvoletta.  Una fazione criminale particolarmente agguerrita, che proprio negli ultimi tempi ha dovuto fare i conti con l’arresto di Riccio, l’uccisione di Castello, il pusher ritrovato in una discarica di Casandrino, e la contestuale scomparsa (con ogni probabilità si tratta di un caso di lupara bianca) di Antonio Ruggiero.

Eventi ravvicinati che hanno di fatto assestato un colpo pressoché  definitivo alle velleità delle nuove leve criminali: giovani senza scrupoli che, nell’autunno del 2012, avevano osato sfidare i vecchi padrini della città, approfittando del momento di debolezza dei clan egemoni.

Quel manipolo di ragazzi non si era tuttavia guadagnato alcuna simpatia sul territorio: non erano visti di buon occhio dagli affiliati al clan Polverino, che stanno tentando di riorganizzarsi dopo aver incassato numerose batoste sul fronte giudiziario, né tantomeno dalla popolazione, da sempre abituata a convivere con una camorra “silenziosa” e imprenditoriale.

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