A Napoli pagata 1 euro l’ora. La storia di Emanuela: “Ci trattano come schiavi”

Un euro all’ora. E’ quanto viene pagata Emanuela Calzarano, una baby-sitter di 28 anni originaria di Pianura, quartiere occidentale di Napoli. La ragazza ha affidato ai social un lungo sfogo che è stato presto condiviso da centinaia di giovani e non che si trovano a lavorare in condizioni simili.

Napoli, pagata 1 euro l’ora: la denuncia di Emanuela

La vicenda personale di Emanuela somiglia a quella di tanti altri ragazzi alle prese con precarietà e lavori sottopagati. Diplomatasi dieci anni fa come tecnico-informatico, ha trovato lavoro come commessa, segretaria e cameriera. Un problema alla mano le ha poi impedito di lavorare come cameriera motivo per cui Emanuela ha deciso di cercare lavoro come baby sitter, un modo per avvicinarsi anche ai bambini. Peccato, però, che le condizioni offerte erano proibitive.

“Sono stata chiamata per lavorare dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 14.30, per 350 euro al mese, a nero” scrive Emanuela nel suo sfogo social. “Qui non cercano dipendenti ma schiavi“ aggiunge poi: “Scusate lo sfogo, ma sono seriamente indignata, ieri ho avuto un’altra offerta, ancora più assurda: sempre come babysitter, dal lunedì al venerdì dalle 8 del mattino alle 7 di sera, per 400 euro al mese. A conti fatti avrei guadagnato poco più di un euro l’ora. Ho detto al proponente che la sua era un’offerta assurda, e la risposta che ho ricevuto è stata: ‘beh allora resta a casa’”.

Emanuela spiega però che in altri ambienti non va meglio: “Dalla ristorazione alla grande distribuzione ho trovato sempre offerte con paghe simili. In un supermercato di una grande catena commerciale mi hanno proposto 400 euro al mese per un lavoro a tempo pieno. Mi chiedo dove sono i controlli da parte dello Stato? Perché nessuno fa niente per impedire che si verifichino queste situazioni? Lavoro da 10 anni e non so cosa sia un contratto. Quando l’ho chiesto, le risposte che ho ricevuto sono state sempre le stesse: “Lo facciamo tra poco”; “non ti preoccupare”; “poi vediamo”. Ma il contratto non è mai arrivato”.

Soluzioni? Andare via

Le condizioni di precarietà in cui vivono tanti giovani spingono amici e parenti a lasciare Napoli in cerca di soluzioni migliori.  “Parecchi sono andati già via. Nonostante mia madre mi dice di partire, di pensare al mio futuro, non ce la faccio a lasciarla sola. Spero che prima o poi qualcosa di buono si possa trovare anche a Napoli: stiamo parlando di una metropoli, non di un paesino” continua poi Emanuela.

“Non ho mai richiesto il reddito di cittadinanza – spiega la ventottenne -, non sono mai stata interessata. Questi sussidi ci devono essere, ma per chi non può lavorare. Ora che la misura è stata ristretta penso anche che è giusto così. Però alle istituzioni vorrei anche dire: avete ristretto le maglie del reddito di cittadinanza? Va benissimo. Ora però andate anche a controllare che quando uno va a lavorare lo possa fare in condizioni quanto meno decenti. Non aspiro a fare la bella vita, vorrei solo una vita normale che mi permetta attraverso il lavoro di poter pagare le mie spese e ogni tanto andare anche in pizzeria“.

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