Anniversario Unità d’Italia, 17 marzo: storia, anno, protagonisti, battaglie

Il 17 marzo viene celebrato l’anniversario dell’Unità d’Italia, ossia la proclamazione del regno d’Italia avvenuta il 17 marzo 1861, nel periodo del Risorgimento.

L’idea di nazione, caratterizzata da un popolo, un territorio e una lingua, non era un dato di fatto preesistente, ma fu il risultato di un processo lento. Vediamo come si giunse a unire tutta l’Italia, i protagonisti e le battaglie che hanno determinato l’inizio del Regno d’Italia.

Anniversario Unità d’Italia: anno

L’Unità d’Italia è stata proclamata il 17 marzo 1861, anche se inizialmente, il senso di unione e coesione tra i vari popoli era solo in forma ufficiale, in quanto c’erano ancora molte differenze tra gli abitanti: su 23 milioni, meno di due milioni parlavano italiano. Un siciliano e un piemontese non si capivano e il 78% degli abitanti della Penisola non sapeva né leggere né scrivere.

Unità d’Italia: protagonisti

I protagonisti della proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1861 sono stati: Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e Vittorio Emanuele II.

Anniversario Unità d’Italia: storia

Il Regno d’Italia è il risultato di un percorso iniziato con un’Italia divisa in sette Stati, attraverso la Prima guerra d’indipendenza (1848-49), la Seconda guerra d’indipendenza (1859- 1861) e la spedizione dei mille (1860), e conclusosi con la proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d’Italia.

I tentativi rivoluzionari del 1848 erano infatti falliti, gli Austriaci occupavano ancora Veneto e Lombardia, mentre nel centro e nel sud i tentativi di riforma, che pur c’erano stati, si erano fermati. Le costituzioni erano state revocate, lasciando spazio a brutali politiche repressive e autoritarie, in particolare nello Stato Pontificio e nel Regno delle due Sicilie. La principale eccezione a tutto questo era una: il Regno di Sardegna.

Nel 1849, Vittorio Emanuele II diventa Re di Sardegna, mentre il Piemonte era l’unico Stato italiano prima dell’Unità a non aver ritirato la propria costituzione, ossia lo Statuto Albertino. Nonostante questo, i rapporti tra il sovrano, dotato di ampi poteri, e la Camera elettiva, dominata da rappresentanti democratici, erano conflittuali.

In quello stesso anno, entra in scena la figura di Camillo Benso, conte di Cavour: aristocratico, uomo d’affari e giornalista, ricevere la carica di Ministro dell’Agricoltura e del Commercio, per poi essere nominato primo ministro nel 1852. Sotto il suo governo, vengono costruite strade e canali di irrigazione, ampliate le ferrovie e favorito lo sviluppo industriale: il Piemonte diventa punto di riferimento in Italia.

Secondo Mazzini, esule a Londra, l’unico modo per arrivare all’unità d’Italia sarebbe stato un grande moto insurrezionale mentre alcuni teorici, come Carlo Pisacane, iniziano a credere che potrebbero essere le masse lavoratrici la chiave per l’indipendenza nazionale. Tuttavia, la sua rivolta a Sapri, vicino Salerno, fallisce. Intanto, si affermava la Società nazionale, appoggiata da Giuseppe Garibaldi, che si proponeva di appoggiare la politica piemontese finché sarebbe stata utile alla causa dell’unità.

Dopo aver inviato le truppe in Crimea, il Regno di Sardegna partecipa nel 1856 alla conferenza di Parigi, dove Cavour cerca l’appoggio di Francia e Gran Bretagna.

Nel 1858, Cavour e Napoleone III si incontrano a Plombières ed immaginano la Confederazione Italiana, con obiettivi discostanti: Cavour vuole potenziare il Piemonte, Napoleone III vuole imporsi come potenza dominante in Italia. Scoppia la guerra d’indipendenza nel 1859, vinta da Francesi e Piemontesi.

Napoleone III, dopo aver posto la Lombardia sotto la sovranità di Vittorio Emanuele II, firma a Villafranca, nel luglio del 1859, un armistizio con gli austriaci, senza il consenso piemontese. Dopo il trattato, Cavour si dimette immediatamente.
In Toscana, Romagna ed Emilia le popolazioni vengono chiamate ad esprimere il proprio parere sull’annessione al Piemonte attraverso dei plebisciti, affermandosi in netta maggioranza per il sì. A Napoleone III non resta che accettare il fatto compiuto, anche se a un prezzo: Cavour, tornato al governo nel 1860, cederà Nizza e la Savoia, due antichi possedimenti della dinastia sabauda, alla Francia.

Nel maggio del 1860 Garibaldi si imbarca per la Sicilia e, il 14 maggio, questa viene proclamata indipendente, con il patriota che ne assume la dittatura per conto di Vittorio Emanuele II.

Nell’estate del 1860 Garibaldi, Mazzini, ed altri leader repubblicani si incontrano a Napoli. Pianificano di far partire da lì una spedizione su Roma. A Cavour non resta che batterli sul tempo: le truppe piemontesi attaccano lo Stato Pontificio ai confini, riportando un’importante vittoria a Castelfidardo.

Mentre Garibaldi sconfigge i borbonici sul Volturno, il parlamento piemontese autorizza il governo ad annettere le altre provincie italiane, purché le popolazioni esprimano il proprio consenso tramite una serie di plebisciti. Il 21 ottobre gli elettori del Mezzogiorno, delle Marche e dell’Umbria si esprimono con suffragio universale maschile. Le opzioni sono due: accettare o respingere l’annessione allo Stato sabaudo. La stragrande maggioranza degli elettori si esprime per il sì. Garibaldi a questo punto non può che adeguarsi: a Teano, vicino Caserta, incontra il Re, cedendogli il governo delle provincie liberate. L’eroe dei due mondi si ritira a Caprera, isola vicina alle coste nordorientali della Sardegna. Il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II è proclamato Re d’Italia.

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