Arrestato il boss superlatitante Matteo Messina Denaro

E’ stato arrestato questa mattina il boss Matteo Messina Denaro. Lo riporta l’Ansa. Era latitante dal 1993. L’operazione è stata condotta dal Ros dei Carabinieri.

Arrestato il boss superlatitante Matteo Messina Denaro

La notizia arriva all’indomani del 30esimo anniversario della cattura di Totò Riina. Secondo quanto si apprende, il boss trapanese sarebbe stato arrestato all’interno di una clinica privata “Maddalena” di Palermo, mentre era in day hospital. Il boss si trovava nella struttura “per sottoporsi a terapie”, ha detto il comandante del Ros dei carabinieri, Pasquale Angelosanto. U siccu era lì in cura da oltre un anno. L’inviata Rai Mariagrazia Mazzola da Palermo ha riferito che Denaro era da tempo malato di tumore ed è stato bloccato mentre si recava a fare la chemioterapia. Il Tg regionale Rai ha poi riferito che i carabinieri del Ros l’hanno fermato mentre stava facendo colazione nel bar all’interno della clinica.

Capo del mandamento di Castelvetrano e rappresentante indiscusso della mafia nella provincia di Trapani, risulta essere attualmente uno dei boss più potenti di tutta Cosa nostra, arrivando a esercitare il proprio potere ben oltre i confini della propria provincia, come in quelle di Agrigento e, addirittura, di Palermo.

La latitanza

Nel 1993 Messina Denaro andò in vacanza a Forte dei Marmi insieme ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e da allora si rese irreperibile, dando inizio alla sua lunga latitanza. Da allora nei suoi confronti venne emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.

Fu però con l’operazione Petrov del marzo 1994, scaturita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Scavuzzo, che emerse il suo ruolo all’interno di Cosa nostra trapanese ed, ancora di più, con l’operazione “Omega”, portata a termine dai carabinieri nel gennaio 1996 con 80 ordinanze di custodia cautelare sulla base della accuse dei collaboratori di giustizia Antonio Patti, Salvatore Giacalone, Vincenzo Sinacori e Giuseppe Ferro, i quali ricostruirono più di vent’anni di omicidi avvenuti nel trapanese.

Nel 2000, alla conclusione del maxi-processo “Omega” che scaturì dall’operazione e che si svolse presso l’aula-bunker del carcere di Trapani, Messina Denaro venne condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo.

Nel novembre 1993 Messina Denaro fu tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci; infine, dopo 779 giorni di prigionia, il piccolo Di Matteo venne brutalmente strangolato e il cadavere sciolto nell’acido. Nel 1994 Messina Denaro organizzò un attentato dinamitardo contro il pentito Totuccio Contorno, insieme a Giovanni Brusca; tuttavia l’esplosivo, collocato in una cunetta ai lati di una strada nei pressi di Formello, dove Contorno passava abitualmente, venne scoperto dai Carabinieri, avvertiti dalla telefonata di un cittadino, insospettito da alcuni movimenti strani.

Nel 1998, dopo la morte del padre Francesco (stroncato da un infarto durante la latitanza), Messina Denaro è diventato capomandamento di Castelvetrano e anche rappresentante della provincia di Trapani in Cosa nostra.

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