Arzano, sparatoria davanti al bar dopo scarcerazione del boss: tra i feriti anche due innocenti

Uno scontro tra due “anime” degli Amato-Pagato. È questa l’ipotesi, secondo quanto riportato da Il Mattino, avanzata dagli investigatori che indagano sull’agguato di ieri sera, ad Arzano, in provincia di Napoli.

Arzano, sparatoria davanti al bar dopo scarcerazione del boss: tra i feriti anche due innocenti

La sparatoria è avvenuta intorno alle 20, all’esterno del “Bar Roxy”, in via Silone. Cinque le persone rimaste ferite, di cui due sono ritenute vicine al clan della 167. Tra loro c’è anche Salvatore Petrillo, 29 anni, nipote del boss Pasquale Cristiano, ricoverato all’ospedale San Giuliano di Giugliano, in gravi condizioni. Secondo gli inquirenti sarebbe lui l’obiettivo dell’agguato. Gli altri sono Vincenzo Merolla, 18 anni e Luigi Casola, 39 anni. Quest’ultimo è ricoverato nell’ospedale di Acerra con una ferita alla gamba. Rischia la vita il 18enne, anche lui ricoverato presso lo stesso ospedale in cui si trova Petrillo.

Ci sono anche due innocente tra i 5 feriti colpiti dalla pioggia di proiettili. Si tratta di Mario Abate, 61 anni, idraulico incensurato che, al momento dell’agguato, stava sorseggiando una birra all’interno del bar. Ferite non gravi ha riportato anche Roberto Lastra, 36 anni, incensurato, ricoverato all’ospedale San Giovanni di Dio di Frattamaggiore. Sul posto sono accorsi i Carabinieri e la Polizia che hanno transennato l’area per i rilievi. Almeno 20 i bossoli ritrovati a terra. Le indagini sono state affidate ai Carabinieri della Compagnia di Casoria e del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna.

Scontro tra due “anime” degli Amato-Pagato

Secondo gli inquirenti, il conflitto a fuoco avrebbe visto protagonisti, da un lato, il gruppo che fa capo al boss detenuto Pasquale Cristiano, più vicino ai “melitesi” e dall’altro quello più vicino ai Pagano di Mugnano. Proprio questi ultimi erano nel mirino delle forze dell’ordine per un improvviso spettacolo pirotecnico organizzato per festeggiare la scarcerazione di Giosuè Belgiorno, noto come “il grande”.

Belgiorno è stato già condannato a vent’anni di reclusione per l’omicidio di Antonino D’Andò alcuni mesi fa. E finì ne vortice delle polemiche quando, nel pieno della pandemia, fu scarcerato a causa delle sue condizioni di salute. Lo scorso anno era tornato in libertà per poi essere nuovamente trasferito in carcere per scontare un residuo di pena.

Tra Belgiorno e Cristiano ci sarebbero anche vecchie ruggini risalenti a quando gli Amato-Pagano si impossessarono di Arzano eliminando gli ultimi residui della camorra afragolese. Una faida che culminò con il duplice omicidio di Ciro Casone, ras legato ai gruppi malavitosi di Afragola, e di Vincenzo Ferrante. I due furono ammazzati all’interno di un centro abbronzante nel 2014.

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