Giugliano. Spunta anche un “imprecisato clan di Giugliano” dalle carte dell’indagine che ha rivelato il retroscena sull’attentato dinamitardo pianificato ai danni del procuratore di Napoli Giovanni Colangelo. Una cosca giuglianese sarebbe in affari con la Sacra Corona Unita pugliese per acquistare armi e mitragliette. A venderle Amilcare Monti Condesnitt, boss di Gioia del Colle e noto trafficante di droga e di armi, che avrebbe dovuto procurare per 300mila euro il tritolo necessario a uccidere il magistrato Colangelo.
Chi è il clan di Giugliano che acquista armi in Puglia? I Mallardo? Oppure un nuovo gruppo emergente come quello delle “paparelle”, fedelissimi al boss Paparella, Michele Di Biase, vittima di un caso di lupara bianca e scomparso lo scorso ottobre nel quartiere Vasto? A cosa servono quelle armi? Ad avviare una guerra di camorra, oppure semplicemente a mantenere il controllo del territorio?
Tanti, troppi interrogativi vengono sollevati da quel passaggio dell’inchiesta, riportato anche dal giornalista Gigi Di Fiore in un articolo apparso oggi su Il Mattino. Per ora unica cosa certa è che il clan di Giugliano offriva come contropartita per l’acquisto di armi della droga: in particolare hashish. Stupefacenti in cambio di mitragliette.
Insomma, dato certo è che i clan dell’area nord di Napoli, a Giugliano come a Scampia, fanno affari con la mafia pugliese. Un asse Napoli-Bari dai risvolti inquietanti. Anche se il rapporto tra le due mafie è storico e risale ai tempi di Raffaele Cutolo e della Nuova Camorra Organizzata, quando la cosca emergente del “professore di Vesuviana” decise di estendere la rete dei propri affari oltre i confini della Campania.