Arriva un’altra assoluzione per Marco Di Lauro. Latitante dal 2004 al 2019 e quarto figlio del boss Paolo Di Lauro, storico capo del clan di Secondigliano e Scampia, Marco di Lauro venne indicato nel 2010 da un collaboratore di giustizia come il mandante di quattro omicidi.
Oggi si conlcude l’iter giudiziario nei confronti di “F4″ – così come era definito sui libri paga per distinguerlo dagli altri 7 fratelli – per l’omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente di camorra, scambiato per il nipote del boss Rosario Pariante e ucciso nel suo negozio a Napoli il 24 gennaio 2005.
Per la morte di Romanò, il boss fu condannato all’ergastolo in primo e secondo grado. La Cassazione, a cui fecero ricorso i suoi legali, si pronunciò contro la sentenza di secondo grado e rinviò il giudizio davanti a un’altra sezione della Corte di Appello partenopea la quale, però, confermò nuovamente la condanna all’ergastolo. Contro questa decisione fecero istanza di appello, nuovamente, i legali di Di Lauro, e la Suprema Corte si pronunciò nuovamente con rinvio: oggi, al termine di un processo secondo grado, il terzo, iniziato nel primi mesi del 2021, Marco Di lauro è stato definitivamente assolto.
La versione del pentito
A contribuire all’assoluzione del boss, i “vuoti di memoria” del collaboratore di giustizia Antonio Capasso che – rispondendo alle domande del sostituto procuratore generale di Napoli Maria Di Addeo – ha detto in più occasioni di non ricordarsi della presenza di Marco Di Lauro al summit tra i vertici del clan organizzato dopo l’arresto del fratello Cosimo, detto “The Designer Don”. Proprio in quella riunione si decise che la strategia del terrore avviata da Cosimo di Lauro doveva proseguire. A farne, le spese, però: fu Attilio Romanò, completamente estraneo ai fatti di camorra.
Per ben cinque volte il Antonio Capasso, insieme con un altro «pentito», Antonio Prestieri, è stato ascoltato nel Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli nell’ambito del processo di secondo grado sull’omicidio di Attilio Romanò.
Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del magistrato, ha anche confermato che, in quel periodo, la reggenza del clan era nelle mani di Marco ma che lui non era il solo, tra i vertici, a prendere le decisioni:in quel periodo di guerra con gli Scissionisti per il controllo delle piazze di spaccio di Scampia e Secondigliano, tra coloro che tenevamo il timone dell’organizzazione criminale fondata da Paolo di Lauro, detto “Ciruzzo ò milionario”, c’era a so dire anche Giuseppe Pica (deceduto) ritenuto uomo molto vicino ad F4.