Una relazione scomoda, scomodissima. L’ordine del padre al fratello: “Uccidi tua sorella, si è fidanzata con un carabiniere”. E’ questo il retroscena choc che emerge dall’arresto di Pino Scaduto, boss di Bagheria, componente della Cupola di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
“Io non lo faccio, il padre sei tu e lo fai tu… io non faccio niente – aveva risposto il figlio – mi devo consumare io? Consumati tu, io ho trent’anni”. A bloccare il piano è stata la magistratura, che ha riportato il boss mafioso in carcere dopo sei mesi di libertà perché sorpreso a riorganizzare Cosa nostra e diversi omicidi, tra cui il fidanzato della figlia e la figlia stessa. Scaduto, arrestato nel 2008 nell’operazione “Perseo”, è finito in manette insieme ad altre 15 persone in una nuova operazione scattata all’alba contro il nuovo mandamento di Bagheria.
Diverse intercettazioni lo hanno sorpreso a parlare con il figlio e con altri elementi del clan, lamentandosi del rapporto tra la figlia e il maresciallo. Pare che Scaduto sospettasse che fosse stata la figlia a mandarlo in carcere, proprio mentre stava rimettendo in piedi le sorti di Cosa nostra. Anche questa volta, però, il suo progetto è fallito grazie all’intervento dei carabinieri del comando provinciale diretto dal colonnello Antonio Di Stasio hanno arrestato 16 persone.
I militari avevano individuato un gruppo che imponeva il pizzo a diversi commercianti e seguendo quella pista sono risaliti a Scaduto individuandone i malavitosi progetti. Il boss voleva che ha portare a termine l’omicidio fosse un sicario fidato, suo figlio, ma pare che lui si fosse rifiutato. L’uccisione della ragazza doveva essere un esempio per il boss, un modo per ristabilire il concetto di onore mafioso.
Insieme al boss Pino Scaduto, le manette sono scattate per Pietro Liga, Antonino Virruso, Francesco Speciale, Giacinto Di Salvo, Salvatore Zizzo, Vito Guagliardo, Damiano D’Ugo, Vincenzo Urso, Andrea Lombardo, Michele Modica, Giovan Battista Rizzo, Giovanni Trapani, Francesco Lombardo, Andrea Carbone e Nicola Marsala. Nomi vecchi e nuovi del potere mafioso nella provincia di Palermo. Nessun imprenditore ha denunciato i ricatti del pizzo.