Benevento, violentò una 15enne e fu ucciso: “Il papà della ragazza pagò un killer”

Omicidio Matarazzo

Dieci anni di rancore e una vendetta mai sopita portarono Lucio Iorillo, 64 anni, ex operaio della Comunità Montana del Taburno, nel Beneventano, a ingaggiare due sicari per vendicarsi dell’uomo che nel 2007 aveva abusato di sua figlia quindicenne, suicidatasi qualche mese dopo la violenza. Con questa motivazione, il pm della Procura di Benevento, Stefania Bianco, ha richiesto il rinvio a giudizio dell’uomo, originario di Frasso Telesino, per i fatti accaduti nel 2018.

Benevento, violentò una 15enne e fu ucciso: “Il papà della ragazza pagò un killer”

Secondo il pm, Iorillo sarebbe il mandante dell’omicidio di Giuseppe Matarazzo, pastore 45enne, anche lui originario di Frasso Telesino. Matarazzo fu ucciso il 19 luglio 2018 a colpi di pistola davanti alla sua abitazione, un mese dopo essere uscito di prigione, dove aveva scontato oltre nove dei undici anni e sei mesi inflittigli per abusi sessuali ai danni della minorenne, che il 6 gennaio 2008, sei mesi dopo la violenza, si tolse la vita impiccandosi a un albero in una campagna del paese.

Questa è una nuova fase dell’inchiesta della Procura di Benevento, diretta da Aldo Policastro, e dei carabinieri su un delitto per il quale, più di tre settimane fa, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Napoli, disponendo un nuovo giudizio di secondo grado. La sentenza assolutoria riguardava Giuseppe Massaro, 59 anni, di Sant’Agata dei Goti, e Generoso Nasta, 34 anni, di San Felice a Cancello, che erano stati precedentemente condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Benevento nel 2021 come esecutori materiali dell’omicidio del pastore.

I due, entrambi con precedenti penali, secondo l’accusa, avrebbero procurato l’auto e la pistola utilizzata per il delitto, agendo poi a volto scoperto e giustiziando Matarazzo davanti alla sua casa con cinque colpi di pistola calibro 357 Magnum. Il pm ritiene che Iorillo abbia organizzato l’omicidio pagando una cospicua somma di denaro, circa 20 mila euro, in parte versata ai presunti sicari.

 

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