Non potrà ascoltare la musica neomelodica in carcere. E’ quanto ha deciso la Corte di Cassazione che ha respinto la richiesta avanzata da Antonio Luongo, 44 anni, detto “Tonino ‘o pazz”, detenuto in regime di 41 bis presso il carcere di Opera.
Vuole ascoltare i neomelodici al 41 bis, la Cassazione gli dice no
La vicenda risale all’anno scorso, quando un esponente di spicco del clan Longobardi di Pozzuoli, attraverso il proprio avvocato, aveva presentato istanza di poter ricevere nella sua cella i cd dei suoi cantanti neomelodici preferiti. La Corte di Cassazione ha, però, respinto la richiesta in quanto è un genere che «racconta di contesti malavitosi e di contrapposizione anche aperta ai poteri dello Stato». Ad anticipare la notizia è Francesco Emilio Borrelli.
Luongo è stato il braccio armato del clan Longobardi di Pozzuoli, in carcere dal 2009 ed è accusato di essere l’autore del duplice omicidio di Michele Iacuaniello e Gennaro Di Bonito, ammazzati nel 2008 nel quartiere di Monterusciello, e dell’agguato mortale ai danni di Gennaro Perillo detto «Carrichiello», ucciso in quello stesso anno nel Rione Toiano durante la faida tra i clan di Gennaro Longobardi e Gaetano Beneduce.
Per rendere meno amara la sua detenzione in regime di carcere duro, il 44enne aveva chiesto di poter ascoltare musica neomelodica. Nelle motivazioni della sentenza che respinge l’istanza, gli ermellini rimarcano come nel ricorso presentato dall’avvocato di Luongo «non si prospetta nemmeno che i cd di musica neomelodica di interesse del detenuto siano estranei a quelli contenenti i citati messaggi negativi». Il detenuto, quindi, sarebbe affascinato da una «corrente» del genere musicale neomelodico che nel corso degli anni ha dato vita a testi che inneggiano ai clan della camorra, ai boss, insultano i pentiti sbeffeggiando spesso anche le forze dell’ordine e le istituzioni.
Le reazioni
Si dice “assolutamente d’accordo con questa decisione” il parlamentare Francesco Emilio Borrelli. “C’è un ramo dei musicisti neomelodici che è legato doppio filo ai clan essendone non solo gli intrattenitori per le loro feste private ma anche i cantori delle loro gesta ed imprese e strumenti di propaganda atti a reclutare nuove leve. Tutto questo lo denunciamo da tempo – aggiunge Borrelli – portando avanti esempi concreti. Non a caso avevamo proposto al Governo di introdurre una legge contro i reati di apologia di mafia e camorra, sulla cui questione non ci siamo arresi. Fare propaganda alle mafie non è soltanto una mera questione di immagine ma è un vero strumento a disposizione dei clan che tramite esso consolidano potere e prestigio”.