Camorra, fine dei “Capitoni”: si pente anche Carlo Lo Russo. Ecco le prime dichiarazioni

Napoli. Dopo Salvatore e Mario, si pente anche Carlo Lo Russo. Lo storico clan dei “Capitoni” di Miano, dunque, ha deciso di arrendersi, colpito più volte da altri clan ma soprattutto da inchieste ed arresti a raffica da parte dell’Antimafia. A rivelare la notizia del pentimento è il quotidiano Il Roma. Il boss di via Janfolla ha già rilasciato alcune dichiarazioni. Il primo verbale è infatti dello scorso 6 luglio, ben 10 pagine con racconti di sangue e soldi.

Una decisione quella di collaborare con la giustizia – ha spiegato Lo Russo – presa ancora prima dell’ultimo arresto per l’omicidio di Pasquale Izzi, trucidato sotto casa poco prima di rientrare in carcere a seguito di un permesso premio. “Zio Carlo” (come viene chiamato dai suoi sodali) ha detto anche di non riuscire a perdonarsi il fatto che la moglie sia in carcere. “Lei non è colpevole. Adesso voglio cambiare vita e riuscirò a farlo grazie alla mia nuova compagna che mi ha aiutato e incoraggiato in questo scelta. Ci siamo scritti molte lettere. E chiedo pertanto di proteggerla perchè ci sono persone che potrebbero farle del male. Tra cui gli uomini di Ciro Perfetto e Antonio Buono. Posso chiarire la mia posizione da quando ero giovane: ho commesso molti omicidi”.

Lo Russo ha parlato poi di come organizzava in clan anche in quando era in semi libertà e  della droga acquistata dalla cosca di Miano a Dubai. Su Izzi invece ha spiegato: “Un ragazzo mi mandò una lettera dicendomi che Antonio Genidoni e Fabio Cardillo volevano ammazzarmi e che Izzi poteva fare la ‘filata’”.

Infine ha parlato anche dei suoi rivali:

“Io quando avevo permessi premio nel 2013 ho avuto modo spesso di avere notizie dalla mia famiglia che veniva da me a salutarmi. – riporta ancora Il Roma – Pietro Esposito alla Sanità è morto perché mi ha mancato di rispetto. Walter Mallo invece ho provato in ogni modo ad ucciderlo ma non ci sono riuscito. Avete fatto prima voi ad arrestarlo. Ho dato mandato a Luigi Cutarelli di ammazzarlo poi tagliargli la testa, comprare un water e mettergliela dentro al centro del rione Don Guanella. Lui era salito a Miano dopo l’omicidio Esposito con “a patana” e stava dando fastidio alle nostre piazze, chiedendo il pizzo. La sua morte venne decretata quando venne a sparare sotto al bar Mexico a Miano. Dava fastidio solo a noi e non ai Licciardi. Con i Tolomelli e i Licciardi c’era un patto di non belligeranza ma io appena avrei potuto li avrei sterminati tutti”.

 

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