L’uscita di scena di Vincenzo De Luca ha riacceso, e non poco, il dibattito sulle future candidature in Campania. In molti erano in attesa di un solo verdetto: il terzo mandato sarà possibile o no? Ora che è chiaro che il Presidente non potrà ricandidarsi, si apre una nuova fase. Ma attenzione: pensare che l’era De Luca finisca qui è un grave errore di prospettiva.
Perché sì, De Luca non sarà sulla scheda elettorale. Ma i deluchiani esistono eccome. E sono tanti. Tanti cittadini che avrebbero votato per lui ancora una volta, senza esitazioni. Per una parte consistente dell’elettorato, al di là delle ideologie e delle sigle, De Luca è il Presidente. Punto.
E allora immaginare, come sembra voler fare oggi il Partito Democratico, di rimuovere dieci anni di governo e provare a voltare pagina senza fare i conti con il passato, è un suicidio politico annunciato. Un autogol clamoroso. Perché il Pd, volente o nolente, ha sostenuto la sua Giunta per un decennio. E ora pensa davvero di cancellare tutto come se niente fosse?
Parliamoci chiaro: De Luca o lo si ama o lo si odia. Nessuna via di mezzo. C’è chi non tollera il suo stile, chi ne critica il decisionismo esasperato, chi lo accusa di voler imporre un pensiero unico. Ma tutto questo non può giustificare una retromarcia improvvisa da parte del Pd. Una mossa che, anzi, confermerebbe l’incapacità del partito di trovare una propria identità, dalla nascita schiacciata tra primarie disastrose, candidati sbagliati e un voglia di rinnovamento che sbatte sempre contro le logiche clientelari tipiche del sud.
Un partito che, per anni, ha subito il deluchismo, spesso con fastidio, salvo poi accodarsi quando serviva. Al punto di arrivare a “Nonostante il Pd”. Ora però, pur di chiudere definitivamente il capitolo, i democratici campani sembrano pronti a consegnare la Campania mani e piedi agli alleati del Movimento 5 Stelle. O peggio ancora – per loro – al centrodestra.
Ma attenzione: De Luca non è uno che lascia il campo senza combattere. È un animale politico come pochi. Venderà cara la pelle, e vorrà certamente dire la sua sulla scelta del prossimo candidato del centrosinistra. Perché il consenso, oggi, ce l’ha ancora. E ignorarlo, far finta che non esista, sarebbe l’ennesimo passo verso la sconfitta.