NAPOLI. Gaetano Manfredi rinuncia alla candidatura a sindaco di Napoli. “Al momento la mia disponibilità, in queste condizioni, sarebbe inutile perché non potrei fare quello che credo si debba fare: rispondere concretamente alle aspettative dei napoletani”. Sono queste le parole di una lunga lettera in cui Gaetano Manfredi annuncia che non si candiderà a sindaco di Napoli per la coalizione di centrosinistra con il Movimento 5 Stelle.
L’ex ministro non accetta di partecipare alla sfida per il Comune di Napoli. Lo fa con una lettera pubblica ai cittadini, scritta al termine di un lungo periodo di travaglio politico e tormento interiore.
Gaetano Manfredi rinuncia alla candidatura a sindaco: la lettera
L’ex ministro e rettore della Federico II era in pole position per la candidatura ma ha deciso di rinunciare.
“Napoli è la mia forza e il mio dolore. È la città dove mi sono formato, che ha ispirato la mia vita e reso l’uomo che sono. Tanta parte del mio percorso professionale dipende da quanto Napoli mi ha donato: il carattere, la tenacia e il sentimento.
Questa città è la mia più grande fortuna, le sono grato. Perciò, ogni volta che ho assunto un ruolo di responsabilità, ho sempre cercato di ricambiare, dedicando a lei testa, cuore e azioni, indirizzate anzitutto ai giovani, ai nostri ragazzi. Ho cercato di dimostrare insieme a loro, e con il lavoro quotidiano, che Napoli non è una periferia del Nord Italia bensì il potenziale centro del futuro europeo, ben consapevole che nel mondo globalizzato le idee sono il bene più prezioso. Napoli è la capitale mondiale della creatività, bisogna soltanto metterla a reddito.
È sui ragazzi, su quello che avrei potuto costruire per loro, che in questi giorni ho fissato il mio pensiero. Mentre tante napoletane e napoletani, oltre che esponenti politici nazionali e locali, mi sollecitavano a valutare la disponibilità a candidarmi a sindaco, il cuore fibrillava e la testa ragionava.
Lusingato e riconoscente, come è mia abitudine, mi sono messo a studiare. E ho scoperto il dolore.
Il Comune presenta una situazione economica e organizzativa drammatica. Le passività superano abbondantemente i cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili. Le partecipate sono in piena crisi e si prospettano difficoltà a erogare i servizi. La macchina amministrativa è povera di personale e competenze indispensabili. La capacità di spesa corrente è azzerata. Siamo, di fatto, in dissesto. Un dissesto che dovrà essere dichiarato o dal sindaco Luigi de Magistris entro qualche giorno o dal nuovo sindaco a fine anno. Sarei felicissimo se venissi smentito su questi dati drammatici, ma temo che saranno confermati. La conseguenza è che, in queste condizioni della città, il sindaco diventa un commissario liquidatore.
I napoletani, legittimamente, hanno aspettative altissime. Ambiscono ad avere trasporti efficienti, strade riparate e pulite, asili nido, centri per gli anziani, impianti sportivi, parchi pubblici e condizioni di vita quotidiana adeguate ai migliori standard nazionali e internazionali. E questa è soltanto l’ordinaria amministrazione. Ma chiedono anche altro, vogliono evolvere verso la trasformazione digitale, il turismo sostenibile, l’economia circolare, i diritti di cittadinanza. Ambiscono a fare di Napoli, seppur mantenendo tutte le sue formidabili tipicità, una città europea a pieno titolo come è stata sempre nella sua storia.
A queste sollecitazioni ho risposto sempre con grande ponderazione, scambiata a volte per eccessiva prudenza. Ma chi mi conosce sa bene che preferisco la concretezza alle parole vuote.
Il dissesto e i conseguenti vincoli di bilancio, in questa fase di grande sofferenza sociale a valle della crisi pandemica, creerebbero ferite profonde e azzopperebbero immediatamente il desiderio di ripartenza che tutti noi abbiamo. Alle aspettative si sostituirebbe la frustrazione. I più deboli pagherebbero il prezzo più alto. Sarebbe una fase lontana dalla mia visione di società e dai miei valori.
Soltanto un intervento legislativo di riequilibrio – un immediato, incisivo e concreto “Patto per Napoli” – può garantire alla città un futuro di sviluppo. Un Patto privo di artifici contabili, colmo di realtà, basato su uno stralcio del debito con un commissario straordinario come fatto per Roma e un piano straordinario di investimenti nazionali e regionali. Un Patto per un nuovo slancio della comunità partenopea, coinvolta con le sue migliori risorse nell’amministrazione della città. Un Patto fra tutti coloro che vogliono bene a Napoli: imprenditori, civici, rappresentanti delle associazioni e del mondo del lavoro. Perché i soldi da soli non bastano, sono soltanto una precondizione: a Napoli servono anche risorse umane di primo livello, decise a impegnarsi per la rinascita della città, a cominciare dalla giunta comunale, che dovrà essere di altissimo profilo e con le mani libere. Altrimenti pensare che si cancellano i problemi scegliendo il sindaco comporterà soltanto il continuo ripetersi di quello che già viviamo.
Il campo largo delle forze progressiste che si è costituito a Napoli e ha animato il governo a cui ho partecipato grazie alla scelta del Presidente Conte, ha tutte le energie per guidare, su queste basi, lo sviluppo della città, anche con il sostegno della Regione Campania. Aggiungo però che la questione non riguarda solo il campo progressista. Dovrebbe investire l’intero arco istituzionale, da chi deciderà di candidarsi a sindaco per ogni parte politica al centrodestra, al Governo e al Parlamento. E dovrebbe palesarsi prima delle elezioni amministrative, per le urgenze già ricordate e per sgombrare il campo dall’equivoco che rappresenta un favore a questo o a quel sindaco. In ballo non ci sono tatticismi politici, guerre di posizione e carriere personali, che francamente mi provocano anche una certa inquietudine, a maggior ragione per le ulteriori difficoltà che rischiano di vivere Napoli e i napoletani aggravate dagli effetti della pandemia. In ballo c’è il futuro della città.
In questo quadro rinnovato, confermo quanto ho sempre detto: ognuno deve fare la sua parte. Ma al momento la mia disponibilità, in queste condizioni, sarebbe inutile perché non potrei fare quello che credo si debba fare: rispondere concretamente alle aspettative dei napoletani”.