Operazione della procura antimafia a Casoria. Decapitato il nuovo ponte di comando del clan Moccia. Come riporta il Roma, è finito in manette Mauro Franzese, alias “Maruzziell”, 55 anni, ras storico della potente cosca con base tra Afragola e Casoria, raggiunto da un decreto di fermo emesso dalla Dda partenopea. Insieme al capozona – come riporta Il Roma – sono stati arrestati anche altri cinque suoi presunti fedelissimi: Salvatore Barbato, detto “’Totor ’o can”, 57 anni; Salvatore Ambrosio, alias “’o chiatton”, 31 anni; Jonathan Piglia, 29 anni; Vincenzo Russo, detto “’o magone”, 41 anni; e Salvatore Iorio, conosciuto come “Totore ’o siciliano”, 40 anni. Tutti e sei sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, nonché di reati connessi ad armi, droga, estorsione e tentata estorsione.
Casoria, droga e racket ai commercianti: colpo agli eredi del clan Moccia. Sei fermati
La retata è scattata al termine di un’intensa attività investigativa durata dodici mesi, condotta dai poliziotti della Squadra Mobile sotto la guida dei sostituti procuratori Ilaria Sasso del Verme e Giorgia De Ponte, e dell’aggiunto Sergio Ferrigno. Dalle 174 pagine del decreto di fermo emerge che il capo indiscusso dell’organizzazione sarebbe proprio il boss Mauro Franzese, punto di riferimento del clan Moccia nel territorio di Casoria. La cosca, a partire da gennaio scorso, avrebbe messo in atto una strategia criminale particolarmente aggressiva, finalizzata a ottenere il controllo egemonico del territorio attraverso l’imposizione di tangenti a imprenditori edili, commercianti e altri operatori economici.
Per raggiungere questo obiettivo, il clan non avrebbe esitato a ricorrere a minacce, danneggiamenti e attentati dinamitardi. Del ponte di comando, secondo la ricostruzione della Dda, avrebbero fatto parte anche Salvatore Barbato, Jonathan Piglia e Salvatore Ambrosio, impegnati soprattutto nella gestione del traffico di droga e nell’imposizione del racket. I tre, con la complicità di Vincenzo Russo, avrebbero organizzato diversi summit per pianificare raid e sopralluoghi finalizzati all’individuazione delle attività da taglieggiare. Salvatore Iorio, invece, si sarebbe occupato prevalentemente del traffico di droga e della gestione di alcuni incontri con clan rivali, con l’intento di pianificare eventuali ritorsioni nei loro confronti.
Rischio faida di camorra
La situazione avrebbe creato le basi per una faida di camorra alle porte di Napoli. Tra i tentativi di estorsione emersi dalle indagini, spicca un episodio particolarmente allarmante: il taglieggiamento ai danni della ditta Sepem, avvenuto tra il 17 e il 21 maggio scorsi. Mauro Franzese sarebbe stato il mandante, mentre ad agire sul deposito di Cardito sarebbero stati Salvatore Ambrosio e Jonathan Piglia. Il clan, consapevole che l’azienda era impegnata in un importante lavoro di ristrutturazione ed efficientamento energetico di case popolari a Cava de’ Tirreni, avrebbe imposto alla ditta di “mettersi a posto” con gli “amici di Sant’Antonio Abate”.