Una rete criminale che partiva da Castellammare di Stabia e arrivava ovunque, anche in Portogallo. Banconote perfettamente riprodotte vendute in bitcon sul deep web (moneta virtuale) poi convertiti in euro. Nella mattinata odierna, il Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli e il Nucleo Speciale Polizia Valutaria di Roma hanno sgominato una banda di falsari capitanata dall’hacker stabiese Carmine Guerriero. Le fiamme Gialle hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali – emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta di questa Procura della Repubblica – nei confronti di otto persone (due arresti in carcere, tre arresti domiciliari e tre obblighi di firma), tutti residenti a Castellammare di Stabia.
I soggetti destinatari del provvedimento sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla commercializzazione di banconote falsificate nonché di ulteriori fattispecie afferenti la falsificazione di atti e documenti (patenti di guida e permessi di soggiorno), lo smercio di marche da bollo contraffatte e la detenzione di carte di credito donate.
L’indagine. L’indagine è stata avviata nel 2015 ed ha visto il coinvolgimento – per il tramite di Europol – di molteplici Autorità estere, consentendo di ricostruire, tra l’altro, l’intensa attività di distribuzione sul mercato nazionale ed europeo delle banconote di euro false nonché la peculiare metodologia utilizzata dall’organizzazione per perpetrare i suoi traffici illeciti. In particolare, il sodalizio delinquenziale, sfruttando le notevoli abilità informatiche dell’hacker Guerriero Carmine, effettivo promotore e organizzatore della compagine, individuava i clienti finali mediante la pubblicazione di annunci riguardanti la vendita di banconote di euro contraffatte su un sito del deepweb, che è quella parte “invisibile” di internet alla quale si può accedere solo ricorrendo a specifici e dedicati applicativi informatici.
Come agivano. Nel relazionarsi con la clientela, il Guerriero, classe ’86, domiciliato a Castellammare di Stabia, al fine di garantirsi l’anonimato, faceva ricorso a diversi nickname. Tra cui a quello di “NapoliGroup”. una sorta di marchio di garanzia, in quanto si tratta dell’espressione utilizzata dagli organismi comunitari per etichettare l’ottima fattura della falsificazione di banconote realizzata da una rete di falsari operanti nell’hinterland di Napoli. Dopo aver instaurato i primi contatti con i clienti, la consorteria criminale provvedeva ad inviare alcuni campioni da visionare, l’indirizzo e-mail da contattare per definire l’acquisto e un foglio con indicati i mezzi di pagamento preferiti, tra i quali anche il canale dei money transfer e il c.d. “bitcoin” (un’innovativa modalità di corresponsione che garantisce ulteriormente l’anonimato delle transazioni finanziarie).
Una volta ricevuto il pagamento, l’organizzazione inviava la valuta contraffatta – occultata all’interno di libri tagliati nel mezzo – prevalentemente in pacchi del peso non superiore al chilo, affidati a ignari corrieri nazionali o esteri, utilizzando falsi documenti, allo scopo di non rendere immediatamente identificabili i mittenti dei plichi. L’analisi investigativa condotta dalla Guardia di Finanza su oltre un migliaio di spedizioni effettuate in un brevissimo periodo temporale consentiva di segnalare diverse centinaia di plichi sospetti alle omologhe Autorità spagnole, portoghesi, francesi, tedesche, austriache, svedesi, olandesi e lituane, permettendo alle collaterali forze di polizia estere di sottoporre a sequestro gli euro contraffatti, di indagare i relativi destinatari-clienti finali e di eseguire numerosi arresti in flagranza di reato.
Un piccolo tesoro. Complessivamente il valore facciale delle sole banconote false sottoposte a sequestro spedite dai membri dell’associazione a delinquere ammonta a oltre 150 mila euro. Nondimeno, nella considerazione che il Guerriero Carmine risultava essere stato destinatario di numerosi bonifici effettuati da una delle maggiori società europee che gestisce la citata moneta virtuale bitcoin, veniva interessata anche l’Autorità Giudiziaria maltese la quale comunicava che il predetto, nel periodo ottobre 2014/luglio 2015, aveva maturato proventi per un importo complessivo di oltre 160 mila euro, da considerarsi profitto dell’attività delittuosa e, pertanto, oggetto di apposito provvedimento di sequestro preventivo eseguito nella giornata odierna. Considerato che le banconote falsificate venivano smerciate ad un prezzo pari a circa il 30% del valore facciale delle stesse e tenuto conto di quanto monetizzato dai sodali con i soli bitcoin, si calcola che la compagine delinquenziale abbia commercializzato banconote contraffatte per oltre 600.000 euro.