Li ha citofonati, li ha chiamati a raccolta e poi li ha guidati verso una missione criminale: “Devo spaccare la testa a qualcuno, stasera. Andiamo alla metropolitana“. Sarebbe stato questo il proposito del bullo a capo della baby-gang che ha massacrato di botte Gaetano, il 15enne di Melito pestato fuori alla metro di Chiaiano.
Dei componenti del branco sono stati individuati dieci ragazzi, di età ricompresa tra i 14 e i 16 anni (solo uno ne ha 10), tutti dei quartieri Marianella e Piscinola, alcuni figli di pregiudicati, altri di semplici operai. Quattro avrebbero eseguito il pestaggio, mentre gli altri sarebbero stati a guardare, bloccando le vie d’accesso dei pendolari o facendo semplicemente da “pali” e assicurandosi che tutto filasse liscio.
Prima hanno fatto una scorribanda tra i tornelli, infastidendo i pendolari; poi dopo hanno preso di mira Gaetano, che era in compagnia di due cugini, tutti e tre di ritorno da una passeggiata. “Di dove sei?”, il pretesto per attaccare una discussione, fino al brutale pestaggio, al termine del quale i bulli se ne vanno in giro come se niente fosse. Alcuni si recano in una rosticceria. Le telecamere li riprendono all’esterno del locale mentre mimano calci e pugni, riproducendo davanti ad altri amici la scena a cui hanno partecipato.
Ma i dettagli inquietanti emergono anche dagli interrogatori a cui sono stati sottoposti i 4 probabili autori del pestaggio. “Non parlare, statti zitto. Avvaliti della facoltà di non rispondere”, è quanto avrebbero intimato tre delle quattro coppie di genitori degli aggressori alla presenza del pubblico ministero. Sono i suggerimenti che padri e madri – alcuni pregiudicati – hanno dato ai propri figli. Non parlare. Un clima omertoso che rende ancora più difficile ricostruire la verità e ancora più dolorosa una vicenda di violenza gratuita.