Da carcere Pariduccio, Paride de Rosa, continuava a inviare messaggi e comunicazione ai suoi affiliati. Un sistema che non si è mai interrotto. Da Secondigliano inviava direttive attraverso alcuni suoi congiunti. Ma non solo addirittura, come racconta Salvatore D Palma, Pariduccio aveva tentato di strangolare in carcere Salvatore Di Marino, in quanto deciso a collaborare con la giustizia.
Questo uno stralcio dell’ordinanza: “Nella prima parte della conversazione, Di Palma riferisce a Russo di aver ricevuto ordine dal carcere da parte di Paride di allontanare dal clan una persona; tale ordine scaturisce da una diatriba nata tra questo soggetto , che in seguito sarà accertato essere Iacolare Vincenzo, e Di Marino Salvatore inteso O Chiatto; questa problematica aveva convinto Di MarinoSalvatore a prendere la decisione di collaborare con la giustizia. La scelta di collaborare del Di Marino veniva mutata a seguito di un’azione violenta del De Rosa Paride ( indicato con il nomignolo Pariduccio), il quale durante la detenzione nel medesimo carcere di Secondigliano aveva cercato di soffocare il DI Marino per farlo desistere in tale scelta”.
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Un ruolo significativo lo ricoprivano anche le donne nell’organizzazione criminale in particolare quello di Cubeddo Stefania, moglie di Sigillo Salvatore e Amideo Vincenza, moglie dii Russo Pasquale: “Le quali – si legge nell’ordinanza – o intervengono attivamente nelle attività dell’organizzazione criminale in oggetto, o, quanto meno, pongono in essere condotte comunque idonee a rafforzare la compagine criminale”.
In particolare la Cubeddo: “Si veste da esattrice dell’estorsione, al posto del marito, quando questi viene arrestato, al fine di ottenere il versamento dei soldi dovuti per l’imposizione dei gadgets, nonostante questi siano inservibili, o per esigere somme di danaro già avanzate alle vittime dal marito. Così, prende disposizioni dal coniuge in carcere”.