Vicenda Caffè Seddio: il pentito Giuliano Pirozzi ieri è stato in aula per confermare le accuse della procura distrettuale a carico degli imputati coinvolti per associazione camorristica ed estorsione sul clan Mallardo ed i suoi affiliati. Il pentito ha parlato per tantissimo tempo, ripetendo quanto detto al pm Ribera e si è fatto garante dell’accusa confermando tutti i capi di accusa e le posizioni dei Seddio, dei Palumbo, di Francesco Biagio Russo, di Antonio e Pasquale Coppola, di Feliciano Mallardo, Giuseppe Dell’Aquila, dei Cacciapuoti e dei Miraglia. Bisognerà però aspettare il controesame della difesa del 13 Maggio. Pirozzi sostanzialmente si è definito un affiliato al clan che poteva contare su altri 250 adepti oltre a numerosi fiancheggiatori.
Egli sarebbe stato l’anello di collegamento del clan con le amministrazioni. Aveva il compito di individuare appalti e segnalarli al clan che interveniva con ditte “pulite” che avevano i certificati antimafia, per accaparrarsi i lavori. In altre occasioni il clan avrebbe concesso delle quote del 5 e dell’8% alle ditte che si erano aggiudicate i lavori. Per Pirozzi anche favoreggiamenti per pensioni di invalidità ai parenti degli affiliati e i rapporti tra il Clan Mallardo ed il Clan Nuvoletta visto che lavorava nell’agenzia ippica della famiglia camorristica maranese e degli appalti per la nettezza urbana ma questa storia era già nota alle forze dell’ordine visto che gli investigatori dell’antimafia avevano piazzato delle cimici all’interno dell’agenzia del boss dei Mallardo.
Dalla sua confessione spunta anche il nome di Giuseppe D’Alterio, nipote di Feliciano Mallardo e genero dell’imprenditore Michele Palumbo che ha aiutato Pirozzi a gestire speculazioni immobiliari nel Lazio. D’Alterio, molto attivo nel giuglianese, avrebbe imposto il caffè Seddio ai commercianti facendo capire che era affare dell’organizzazione.
Il processo è a carico di Feliciano Mallardo, Pasquale Coppola, Carlo Antonio D’Alterio, Giuseppe D’Alterio, Saverio Miraglia e Michele Palumbo. Questi gli imputati che vennero colpiti dalla misura cautelare mentre altri 50 imputati vennero indagati a piede libero per intestazione fittizia di beni e riciclaggio