Coronavirus a Napoli, parla l’avvocato positivo: “Non volevano farmi il tampone”

Non si è presentato al Tribunale di Napoli, ha preferito rimanere a casa e quando ha raggiunto il Cotugno non si sarebbe mai aspettato di dover combattere per fare il test del tampone e minacciare di denunciare i medici perché non volevano effettuarlo su di lui. L’avvocato napoletano, risultato positivo al Coronavirus, ha raccontato al Mattino la sua disavventura e come ha scoperto di essere affetto dal Covid-19.

Coronavirus a Napoli, parla l’avvocato positivo

Tutto ha avuto inizio martedì notte. Dopo aver seguito a casa la partita Napoli – Barcellona, il legale ha iniziato a stare male: aveva un po’ di febbre, occhi lucidi e indolenzimento alle gambe. Quattro giorni prima era stato a Milano.

Nel capoluogo lombardo, dove ha uno studio legale, ha incontrato clienti nei pressi del Duomo. E ripensando al suo breve soggiorno milanese e ai contatti avuti nel giro di poche ore, ha chiamato il suo medico curante per informarlo circa le sue condizioni di salute e chiedergli come dovesse comportarsi.

Il medico, a quel punto, gli consiglia una tachipirina, che fa presto effetto sulla febbre. Sebbene stia meglio, il professionista decide di non recarsi al Tribunale di Napoli e prova, questa volta, a chiamare il 118. 

“Spiego le mie condizioni e le mie paure, quando sento un ausiliare che si rivolge a un medico e gli dice dottore questo è un avvocato…, ma alla fine si limitano a consigliarmi una tachipirina”. Per l’avvocato il farmaco a base di paracetamolo non basta e per fugare ogni dubbio su un possibile contagio decide di andare al Cotugno.

L’arrivo al Cotugno

“Qui due vigilantes mi danno una mascherina a mani nude, resto all’interno di un pronto soccorso con decine di persone. Potenzialmente avrei potuto infettare qualcuno o viceversa. E non volevano farmi il tampone”, spiega il professionista al Mattino. 

“Mi fanno il triage alle 13.15, ho spiegato che venivo da Milano, ma mi hanno risposto che era una zona gialla e non rossa – prosegue nell’intervista –  Un medico mi ha anche risposto in modo sgradevole. Mi ha detto: Guardi che lei è il decimo avvocato napoletano che viene da Milano, non possiamo fare il tampone a tutti gli avvocati che hanno clienti in Lombardia”.  L’avvocato insiste, minaccia denunce e alla fine convince i medici a sottoporlo al tampone. 

“Mi hanno fatto un test per una influenza normale, un tampone che hanno appoggiato addirittura su un davanzale polveroso. Mi chiedo, al netto della scarsità di risorse, è così che si tratta un referto medico? Ma non è finita. Ho ancora registrato resistenza da parte dei medici a sottopormi al tampone per il coronavirus, fino a quando hanno dato inizio al test”. 

L’esito del test

L’esito del test risulta negativo, mentre per il Coronavirus non c’è ancora risposta certa. Solo giovedì mattina il legale apprende dai giornali di essere affetto dal Covid-19. “L’ho appreso dai giornali, poi mi è arrivata una telefonata dell’Asl con un questionario tardivo su chi avessi incontrato”, dice al Mattino l’avvocato. Poi conclude: “Se avessi ascoltato i loro consigli, ora avrei infettato decine di persone. Da cittadino serio mi sono sottoposto al test”.

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